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Che tristezza. E’ finita come la “piece” scritta da Ennio Flaiano “Un marziano a Roma”. Una parabola sulla provvisorietà dell’onnipotenza e della presunzione umane. In breve. Dopo un anno dallo sbarco sulla Terra, accolto con timore e reverenza come se si trattasse di una divinità, il “marziano” mostra di essere esattamente identico ai terrestri e senza poteri speciali. L’opera di Flaiano si chiude con la scena di lui che passeggia per una via di Roma e un ragazzino gli urla “A’ marzià, facce ride”. La fine di un mito.

Nessuno ha voglia di ridere ripensando a quella che è stata la prestazione di Cristiano Ronaldo nella gara di ieri sera contro il Porto. Una partita che, soprattutto per lui, andava vissuta come un ulteriore passo per il completamento della missione per la quale, con tanti sacrifici, era stato chiamato dalla Juventus. La possibilità di riportare a Torino la Champions o perlomeno fare di tutto e di più per la realizzazione del sogno. Niente da fare, nada, nisba. Paradossalmente proprio Ronaldo è stato l’artefice dell’eliminazione della Juventus dall’Europa. Se non un tradimento, certamente un segnale fortissimo. Ai bianconeri non resta altro che piangere mentre lui potrà attrezzarsi in tempo per organizzare l’ultimo trasferimento milionario della sua carriera negli Emirati Arabi o, in seconda battuta, negli Usa.

Ma, come cantava De Andrè, anche dalla palta può nascere un fiore. In realtà quel fiore già c’era nel giardino della Juventus, ma qualcuno faceva finta di niente o addirittura sosteneva che fosse di carta. Diciamo di Federico Chiesa e della sua ennesima prova di forza e di coraggio che lo ha visto giocare una partita per certi versi eroica. Lo ha fatto con lo spirito di chi si sente in dovere di trascinare l’intera squadra e nel contempo di onorare il suo nome di figlio d’arte proprio come a suo tempo, in campo, faceva il padre Enrico. Ha ceduto soltanto ai crampi e poi alla rabbia che lo ha fatto piangere. Una cosa è certa, comunque. Il vero extraterrestre della Juventus di oggi e di domani è lui al quale nessuno mai griderà “A’ Fede, facce ride”.