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Nel grande caos che ha accompagnato il calcio italiano in questi giorni, ha brillato il silenzio potente della Juve. Agnelli ha parlato prima che si scatenasse il pandemonio, esprimendo concetti piuttosto scontati, tipo: "Bisogna tutelare la salute pubblica". Poi è scomparso dai radar. E gli eventi sono andati nel modo preferito dal club bianconero.

Juve-Inter si doveva giocare domenica scorsa senza pubblico, quindi senza la grande spinta dello Stadium e con un incasso milionario buttato; invece si è deciso di rinviarla (assieme a tutte le altre partite che avrebbero dovuto essere disputate nelle regioni a rischio, ovviamente: non si poteva cancellare solo quella). La scelta della Lega, con il sostegno del governo, è passata sopra le teste di tutti gli altri elementi e di tutti gli altri club coinvolti, i quali nella quasi totalità la pensavano in modo opposto. Non erano contrarie, insomma, solo Inter e Lazio, le quali si sono ribellate. Pubblicamente i nerazzurri, in privato Lotito.

Che quella decisione sia stata un errore grossolano, lo dimostra quanto accaduto in queste ore: le porte chiuse sono diventate inevitabili per poter garantire lo svolgimento del campionato e per la prosecuzione della stagione del calcio, aspetto che era già chiaro la settimana scorsa.

Mentre l’Inter reagiva in modo composto (Marotta) e scomposto (Zhang), la Juve osservava in silenzio. Come chi sa gestire il potere: senza farsi troppo notare, anzi dileguandosi. Del resto nessuno grida allo scandalo e nemmeno si stupisce se diciamo che, in questo nostro Paese, la famiglia Agnelli ha sempre avuto un peso speciale, da un secolo almeno.

In fondo non è un difetto, tanto meno un reato e neppure una colpa. Anzi. E’ il potere, bellezza.

@steagresti