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Weston McKennie è giovane, è americano e proviene dalla Bundesliga: per una volta anche Madama segue le mode del momento. Ma che tipo di giocatore è il texano? Duttile, ci dicono. In casi estremi gioca pure terzino. Copre tutti i ruoli del centrocampo. A volte ha fatto anche il trequartista. Più che un filtro i media in certi casi sono proprio un frullatore. Meglio andarsi a vedere le sue partite direttamente e analizzarle con calma. È quello che ho fatto in questi giorni, una vera scorpacciata. Risultato? Speravo di uscirne più entusiasta, sono sincero. L’avevo visto giocare di recente un BVB-Schalke 04, la prima giornata post Covid in Germania, e non mi aveva certo rubato l’occhio. Vabbè, allora studiavo i gialloneri… Così mi sono messo d’impegno e ho recuperato il recuperabile. McKennie non è un fenomeno ma è un giocatore abbastanza completo. Ha il fisico di un wide receiver, i piedi però, entrambi, sono sufficientemente educati al gioco del pallone, proprio come esige il calcio contemporaneo. In mezzo al campo, dunque, non si trova in imbarazzo. Ciononostante Weston non è certamente un “costruttore”, per usare il covercianese aggiornatissimo di Pirlo. Insomma, l’americano ha tutte le carte in regola per diventare un beniamino low profile del tifo bianconero.  
 
IL GOL CONTRO L’HOFFENHEIM -  Il gol che ha segnato contro l’Hoffenheim il 7 marzo può venirci incontro per diverse ragioni. Dei tre realizzati in campionato (suo record personale) è l’unico che nasce da un’azione. Gli altri due, quello contro il Fortuna Düsseldorf e l’altro contro il Francoforte, provengono da una palla ferma: Weston salta come un grillo, non è male di testa. Ma torniamo alla Veltins-Arena, a Gelsenkirchen, dove lo Schalke di Wagner affronta l’Hoffenheim di Schreuder. I padroni di casa, i minatori (die Knappen), giocano col 3-4-3. McKennie sta nei due di centrocampo, a destra.     



Il suo compagno di reparto è l’austriaco Schöpf, i laterali sono Kenny a destra e Oczipka a sinistra. Davanti, Burgstaller è il vertice di un tridente composto da Raman e Matondo. Ed ecco l’interpretazione del ruolo da parte di McKennie in questa particolare circostanza. Weston va, attacca lo spazio: è un invasore.  



Come vi dicevo la tecnica è ordinaria ma non priva di improvvisi e imprevedibili picchi, in positivo e in negativo. Qui ad esempio McKennie riesce a girarsi in corsa e a controllare il pallone dolcemente col collo del piede.



Non è finita: dopo essersi orientato verso la porta col primo controllo, il texano sfrutta con personalità il movimento della prima punta per accentrarsi verso il cuore dell’area. Significa avere una specie di fiducia nei confronti del proprio piede debole.



Il tiro col mancino è efficace, un secco rasoterra sul primo palo. Mi è sembrato un buon esempio di dinamismo, questo staccarsi dal duo di centrocampo per attaccare lo spazio e arrivare alla conclusione. E dinamismo è un’altra parola chiave nel lessico di Pirlo.



FASE  DIFENSIVA - Come ricordavo nello scorso articolo, il 3-4-3 rischia a volte di spezzarsi nella fase difensiva, lasciando i tre attaccanti sopra la linea del pallone. Per questo, avere in mezzo un centrocampista con l’atletismo di McKennie può tornare utile.    



Qui sotto addirittura lo Schalke trasforma il 3-4-3 in un vero e proprio 5-4-1 molto, molto basso. È il quarto di DFB-Pokal perso 1-0 contro il Bayern di Flick. La palla ce l’hanno loro dall’inizio alla fine, niente da fare. Lo Schalke difende e riparte, quando riesce a ripartire, in contropiede. McKennie è sempre lì, sul centrodestra.    



Qui sotto invece siamo nella seconda stagione di Domenico Tedesco sulla panchina dei minatori, l’allenatore che praticamente ha lanciato McKennie (nel primo anno, quello del secondo posto in Bundes, il ventenne texano fa 22 presenze, ben 13 da titolare malgrado la rottura del collaterale in inverno). Qui però siamo al 6 febbraio del 2019: ancora in coppa, e l’avversario stavolta è il Fortuna Düsseldorf. Ritroviamo Weston in un centrocampo a due, però in un sistema di gioco a quattro, ovvero il 4-2-3-1. Da notare la presenza di Bentaleb al fianco dell’americano. Un costruttore, il numero dieci algerino. Per capirci, no, McKennie non è stato preso in alternativa a Locatelli. Sono profili molto diversi.  



IN NAZIONALE – Con gli USA McKennie ha giocato per due selezionatori: l’ultrasessantenne Dave Sarachan, che prediligeva il 4-3-3/4-1-4-1, e Gregg Berhalter, un quarantasettenne che adotta principalmente il 4-2-3-1/4-4-2. Ecco un’amichevole tra gli Stati Uniti e il Messico, il 12 settembre del 2018: col vecchio Dave, McKennie parte da mezzala a sinistra per poi scambiarsi con Adams, l’americanino del Lipsia di Nagelsmann.



In questo sistema le mezzali escono addirittura sui centrali difensivi delle squadre avversarie durante il giro-palla. È un ruolo parecchio dispendioso, ci sono corse importanti da fare in tutt’e due le fasi. In ogni caso arriva la conferma: in un centrocampo a tre, McKennie non fa il vertice basso di costruzione. Ci pensa Trapp.  
L’immagine seguente è tratta invece dalla finale della Gold Cup. Siamo nel luglio del 2019 e sulla panchina degli americani siede già Gregg Berhalter, dunque 4-2-3-1. L’avversario è ancora il Messico. Notate McKennie interno di centrocampo assieme a Bradley. Fascia di capitano al braccio, tra l’altro. E sempre sul centrodestra.



Infine una gara più recente, anche se di poco, risalente al 7 settembre 2019. Avversario manco a dirlo è il Messico. McKennie ora viene schierato addirittura trequartista, con Pulisic che passa a fare l’esterno a sinistra. In mezzo al campo giocano Morales e il solito Trapp.  



Ma guardate cosa succede in fase di costruzione… McKennie si abbassa e va a fare la mezzala destra, Trapp ruota verso il centro e diventa il vertice basso di un centrocampo a tre. Praticamente il texano copre due ruoli nella stessa gara. Più dinamico di così…