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Sarri è uno da atti rivoluzionari. O almeno ci piace pensarlo, immaginarlo, relegarlo a questa cosa qui: un Che Guevara del pallone che, moduli sotto al braccio e Marbloro nel taschino della camicia a mezze maniche, sia in prima linea verso un cambiamento radicale del pensiero e del pallone. Ora: sette mesi di Juve ci hanno fatto capire che in realtà Maurizio è sì un ribelle, ma è un ribelle fluido. Nel senso che il suo liquido calcistico arriva comunque, ma alcune superfici ci si impregnano, altre invece lo respingono. Insistere non avrebbe senso; semmai, ne ha avuto cambiare il modo di arrivare al risultato. 

CAMBIARE - Eh, cambiare. Il verbo più semplice, abusato e meschino di tutti. Che vuol dir tanto, ma non necessariamente tutto. Sarri, comunque, è cambiato e ha cambiato. E' andato di esterni veloci di gamba e pensiero, quindi di trequartisti ragionieri. Appena ha ritrovato passo e sensazioni giuste, è tornato all'ovile dei suoi pensieri primordiali, quelli che percorrevano la sua mente negli stessi istanti in cui varcava la soglia della Continassa per stringere la mano ad Andrea Agnelli. Douglas Costa titolare, in fondo, si spiega anche con un moto di nostalgia per la Juventus ideale e idealizzata a giugno. Stessa storia Higuain titolare, Dybala prima riserva. La partita contro l'Inter ha detto che senza Joya si vive, ma che sarebbe assurdo averne e non sfruttarla: e adesso? Adesso si cambia. Ancora. 

PJANIC - Attenzione: si cambia in attacco, difficilmente Sarri lo farà a centrocampo. Due motivi su tutti: Bentancur in regia libera il posto a Ramsey sul centro-destra, l'unico in grado di potenziare la fase offensiva della Juventus e l'unico a buttarsi dentro, a creare superiorità numerica, a infilarsi in nei vicoli stretti lasciate da tutte le difese. Il secondo: della fase involutiva di Pjanic nessuno aveva bisogno. Ancor meno il tecnico toscano. E tenerlo fuori, nel momento in cui i bianconeri si sono riscoperti profondamente fragili nel mezzo, è stato un atto di coraggio ben ripagato. Anzi: proprio un atto rivoluzionario, da Che Guevara del pallone e delle decisioni per nulla a cuor leggero. Del resto, “se vale la pena rischiare io mi gioco anche l'ultimo frammento di cuore": e indovinate pure di chi è.

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