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Dai sorrisi di ieri mattina, Allegri è passato a una presa di coscienza profondissima: l'ultimo assist, quello che gli ha palesato il fallimento dell'esperienza duepuntozero, gliel'ha fornito la reazione della squadra alla gara di Empoli. Non tanto il ko, ma com'è arrivato. In una conferenza stampa che resterà comunque nella storia, ha provato a difendere quei ragazzi che gli hanno dato comunque tutto, anche quando intorno non c'era più nulla per cui lottare. Semmai la maglia. Il blasone. E le pressioni che comporta essere Juventus. 

POCHE AVVISAGLIE - Fino al pre Empoli, Allegri non aveva mai cambiato idea sul futuro. Lo vedeva ancora bianconero. Aveva sentito i primi spifferi dalla finestra e aveva provato a rigettarli al mittente. Quando il terreno del futuro si era fatto più pericoloso, ha reagito provando a spiegare - mezzo stampa - le sue verità. Non gli è piaciuta l'insistenza con cui altri allenatori erano stati avvicinati al suo ruolo, è stata rivelatrice la forza con la quale la Juventus è andata a convincere Giuntoli. Di fatto, senza considerare il suo assenso, quello dell'uomo che avrebbe dovuto guidare tutta l'area tecnica. Ruolo che adesso è tutto di Francesco Calvo. 

IL CONTATTO - Poi è arrivata Empoli. Poi è arrivata la disfatta. La disperazione, pure palesata davanti alle telecamere. E alla fine è arrivato un giorno in cui le parti si sono prese del tempo per respirare, riflettere, perché pre e post Siviglia non c'è stato un attimo in cui le avversità hanno circondato la Juventus, tutta. C'è stata occasione di confronto con John Elkann, l'uomo che l'aveva posizionato al centro di ogni cosa, con il quale Allegri ha parlato di passato (le due partite perse tra Europa e Serie A), presente (le due partite che restano per centrare l'Europa) e inevitabilmente futuro, ossia la permanenza. Non è finita, ma l'ultima rete di protezione di Max è definitivamente saltata. E il 23 maggio si fa una data da segnare in rosso: Allegri è più fuori che dentro dalla Juventus 2023-2024.