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Non c’è stato tempo per capire molto della nuova Juve di Sarri (e Paratici - Nedved). I tempi di assimilazione per rivoluzionare un tipo di gioco durato cinque anni non possono essere brevi e le tournèe, in questi casi, non servono. Anzi, sono deleterie. Non ci si allena, non ci si concentra, si cambiano i fusi orari, si sta in aereo.

Sono esibizioni, non partite: servono a un (discreto) incasso immediato e al marketing. Ora, siccome lo sforzo che la Juventus sta effettuando su questo piano (linee di abbigliamento, “merchandising” comunicazione) è  notevole, una tournée in Asia può certamente moltiplicare i frutti. Ma tenere insieme tutto è difficile. Vedi la “gaffe” di non schierare Ronaldo contro la rappresentativa coreana. A moltissimi tifosi non è andata giù. Ed è comprensibile: se si tratta di esibizione si vuole vedere il pezzo pregiato, altrimenti ci si resta male.

Sarebbe come andare a un concerto dei “Rolling Stones” senza Mick Jagger. La class action annunciata da chi ha pagato il biglietto a Seul, contro la Juve, non è importante per l’eventuale risarcimento economico, quanto per un ritorno negativo proprio sul piano dell’ immagine della squadra.  Ma non è questo il punto dolente della squadra, che, ancor prima della cura Sarri si può, sulla carta, intravedere.
 
Tutti giustamente, presi dalla “querelle” Dybala sì, Dybala no (siamo tra quelli che pensano che il giocatore andrebbe rilanciato, proprio in virtù del nuovo corso) si continua a tenere in secondo piano l’aspetto fondamentale del centrocampo. In sintesi, la Juve è dotata di centrocampisti tecnicamente brillanti, come Pjanic, Bentancour e Rabiot, agili come Matuidi, rocciosi come Emre Can, votati alla spinta come Ramsey. Però nessuno di loro sa cantare e portare la croce: o cantano o faticano. Le due cose insieme, come Vidal e Pogba, non le sanno fare.

Si è pensato a rinnovare la difesa, nella parte centrale (non nei terzini), a infoltire, appunto il centrocampo, con una propensione al talento e non al sacrificio. Ora, si pensa a sforbiciare l’attacco. Ma il punto nodale è sempre quello che si è presentato in questi anni: un poderoso giocatore di raccordo tra difesa e attacco, che sappia difendere e offendere. Pirlo è inarrivabile. Ci vorrebbero un Vidal o un Allan. Ma il primo è andato via e non è più quello di un tempo, il secondo gioca nel Napoli.