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Quando Douglas Costa è atterrato all’aeroporto di Caselle, la manciata di tifosi radunata là davanti gli ha tributato un improvvisato coro: tutto normale. Meno normale, invece, che quegli stessi juventini abbiano celebrato anche il dirigente che accompagnava il brasiliano e che ha portato a conclusione la trattativa per il suo ingaggio: Beppe Marotta.

 

Nel calcio i dirigenti non diventano quasi mai idoli delle folle. Lo sono i calciatori, possono esserlo gli allenatori, in rari casi lo sono stati certi presidenti che hanno speso fortune per rafforzare le squadre. Direttori generali e direttori sportivi, comprensibilmente, sono comprimari quando le cose vanno bene e oggetto delle critiche - a volte pesanti - se invece i risultati non arrivano. Insomma: non vincono mai. Una condizione che ha vissuto sulla propria pelle lo stesso Marotta, attaccato con durezza e rudezza dai tifosi bianconeri alla sua prima stagione a Torino, quando l'esito del campo era davvero pessimo.

 

Dopo tante stagioni al vertice del calcio italiano ed europeo, e dopo tanti colpi di mercato portati a compimento, Marotta è invece riuscito a conquistare i tifosi della Juve più di quanto nessuno - e tanto meno lui - si sarebbe mai immaginato. Anche perché non siamo davanti a un demagogo che cerca di farsi bello agli occhi del popolo bianconero assumendo posizioni drastiche, decise, estreme (da ultrà, insomma), né a un capopopolo che cavalca l’emotività del momento per trascinarsi dietro la gente. Niente di tutto questo.

 

Marotta è un uomo educato, riflessivo, certamente misurato. Si espone quando serve, ma non lo avete mai sentito scatenare una polemica o alzare la voce in diretta tv, di fronte a qualsiasi domanda, anche la più impertinente. Se lo paragoniamo all’ultimo direttore generale della Juve che era stato capace di vincere quanto lui, Luciano Moggi, il quale ha appena compiuto ottant’anni, vediamo esattamente il suo opposto. E questo non ci dispiace affatto.

 

Il dirigente idolo dei tifosi è una figura rara, sì. E già qualcuno prova a seguire le orme di Marotta. Fassone e Mirabelli stanno conducendo un mercato che può portare la gente del Milan dalla loro parte, Monchi usa parole studiate, e spesso esagerate, per conquistare i romanisti (“ci vediamo al Circo Massimo”, l’ultimo proclama che annuncia imminenti vittorie). Il tempo dirà. Per ora, però, l’idolo è Marotta. Proprio lui, quello che qualche anno fa a Torino coprivano di insulti.

@steagresti