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La prima regola fondamentale dello sport in genere non è rappresentata dal successo ad ogni costo, ma da una deontologia che prevede lealtà e rispetto di comportamento. I quindicenni giocatori della Juventus hanno mortificato questo principio inviolabile e pertanto vanno condannati sotto il profilo dell’etica. Sul piano pratico, poi, spetterà alla società stabilire l’entità della punizione che toccherà fatalmente loro per aver tracimato nella maleducazione anzichè godersela piacevolmente dopo la vittoria sui coetanei del Napoli. Una misura che verrà certamente presa dalla dirigenza proprio perché nel programma societario il progetto è quello di allevare e istruire gli uomini di domani prima ancora dei possibili campioni futuribili. Per cui la “condanna” sarà esemplare.

In ogni caso non credo proprio si debba farla troppo grossa o perlomeno occorra ingigantire un evento che, in tempi diversi da quelli che stiamo vivendo a livello sociale, sarebbe passato come una “goliardata” seppure eccessiva e fuori misura. La dice lunga il fatto che il direttore del coro fastidioso e anche un po’ razzista intonato dai campioncini nello spogliatoio sia stato Luciano Pisapia ovvero un giovane che non è nato nel Veneto leghista ma a Salerno. E certamente non sarà lui neppure l’unico a vantare sane origini “terrone” nella squadra bianconera. Un paradosso neppure troppo originale ricordando ciò che, sentito con le mie orecchie, mi capitò udire assistendo ad un diverbio tra due tifosi del sud uno ei quali concludeva accusando l’altro di essere uno “sporco terrone”.

Realisticamente penso che l’accaduto debba produrre sentimenti di tristezza e di autocritica. Soprattutto il secondo. Il comportamento, certamente esecrabile dei ragazzini bianconeri altro non è che il frutto del cattivo esempio dato loro da una società la quale, dentro gli stadi e anche nel quotidiano di strada, si trova in caduta libera verso il baratro dove sul fondo galleggiano melme assortite di violenza verbale e fisica, prevaricazione, razzismo, intolleranza e quindi maleducazione. Gli esempi sono pressoché quotidiani cominciando dal genitore che mette le mani addosso a un insegnante che ha dato un brutto voto al figlio, passando per le cosche malavitose che usano i bambini per spacciare in strada e da coloro che vorrebbero veder affogare i migranti per arrivare al popolo delle curve (e non solo) che infangano il nome dei morti di qualsiasi bandiera.

Ecco perché sarà giusto punire i ragazzini bianconeri nella misura in cui il loro “delitto” verrà valutato in base ad una scaletta di ordine educativo e pedagogico, proprio come dovrebbe avvenire a scuola, per evitare che ricadano nell’errore e che possibilmente maturino in maniera sana. Ma il vero problema resta a monte. Nelle famiglie e nel comportamento degli adulti le cui colpe, questa volta, verranno pagate dai figli. Nessun scandalo, dunque, ma soltanto tanta pena. Per noi. Per tutti.