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I playoff sono ingiusti. Non premiano la squadra migliore del campionato, ma quella che è la più forte e scaltra in poche partite. Anche la fortuna ha un’incidenza elevata, perché la buona sorte può aiutarti a vincere una gara; in un torneo lungo nove mesi, al contrario, vengono fuori i veri valori di un gruppo: tecnici, tattici, professionali, comportamentali. Il risultato di un incontro può essere casuale, alla lunga invece chi prevale è superiore (a meno che ovviamente due squadre non arrivino a giocarsi il primo posto all’ultima giornata, perché in quel caso un episodio può essere comunque decisivo).

NO AI PLAYOFF - Oltre che iniqui, i playoff non rientrano nella nostra cultura. Non in quella calcistica, almeno. In altri tempi li avremmo definiti «un’americanata», intendendo così la spettacolarizzazione di un evento che diventa show oltre che sport (o forse più che sport). Abbiamo rispetto per la mentalità di chi sta dall’altra parte dell’Oceano, ma non è la nostra. E le tradizioni contano.

EMERGENZA - Questo non significa che riteniamo folle l’idea di assegnare lo scudetto attraverso i playoff nel caso in cui non si riuscisse a completare il campionato, ma è una soluzione soltanto figlia dell’emergenza drammatica di questo periodo. Serve un vincitore dello scudetto? Allora prendiamo pure la strada della final four, oppure della final six, ben sapendo che potrebbe darci un campione d’Italia che non merita di esserlo.

SUPERIORITA' - La classifica oggi dice che due squadre sono state superiori alle altre e che, se si giocassero tutt’e trentotto le partite, lo scudetto quasi certamente andrebbe a Juve o Lazio. L’Inter avrebbe una (molto residua) speranza di tornare in corsa, dalla quarta in giù nessuna. I playoff, insomma, penalizzerebbero bianconeri e biancocelesti, allargando il numero dei possibili campioni d’Italia. E sarebbe ingiusto.

@steagresti