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Scriveva e cantava Fabrizio De Andrè che dal fango può nascere un fiore. Ebbene, anche da una partita di pallone priva di particolari suggestioni e stitica sul piano del risultato, come è stata Juventus-Empoli, possono sbocciare alcune considerazioni utili per comprendere momenti e situazioni non banali. Almeno tre considerazioni debbono trovare spazio, non a margine ma proprio nel cuore dell’avvenimento appena concluso.

Per la prima volta, non ricordo da quanto tempo, il pubblico bianconero si è spazientito e ha cominciato a fischiare i giocatori. E’ accaduto nel corso della prima parte quando la Juventus sembrava voler offrire un allenamento di metà settimana anziché ad una gara di campionato sicuramente “inutile” ma in ogni caso ufficiale e quindi degna di rispetto per l’avversario e per la gente. Di qui il giusto e legittimo disappunto dell’intero popolo dell’Allianz.

Si è soliti dire che il tifoso bianconero, da sempre troppo ben abituato, non ammetta deroghe di alcun tipo rispetto all’impegno e allo spettacolo. Può anche essere vero, ma il problema non è quello di pretendere sempre il meglio semmai quello di volere sempre il giusto da chi è tenuto a farlo per capacità e retribuzione. E giusti allora, sotto questo punto di vista, sono stati i fischi. La Juventus, cioè i suoi giocatori, sono obblgati  moralmente a fornire lo spettacolo e il divertimento per i quali il pubblico paga un biglietto di ingresso non certo simbolico. Se ciò non avviene gli spettatori hanno non solo il diritto ma il dovere di far sentire il proprio dissenso. Capitava e succede ancora ai migliori tenori del mondo di “steccare” durante il melodramma. Capitò anche a Pavarotti nel Metropolitan. Nessuno di loro venne “perdonato” dal loggione.

E se dunque i fischi sono stati giusti, il silenzio non lo è stato manco un poco. Il black out delle curve come segno di protesta nei confronti della società non ha giustificazioni di sorta. Le motivazioni degli ultras sono assolutamente speciose e strumentali. Il nodo della questione e del contendere sembra essere uno solo, al di là di comunicati ufficiali e smentite. La parte più oltranzista del tifo bianconero non accetterebbe che i vertici bianconeri abbiano saggiamente voluto interrompere quel perverso e “illegale” traffico di biglietti il quale dava origine e alimentava meccanismi malavitosi o ricattatori non più ignorabili. Una svolta in tal senso era irrinunciabile non solo per una questione di immagine. E se gli ultras non lo capiscono se ne stiano pure zitti.

Tra fischi e silenzi assortiti, mi piace parlare di applausi. Quelli che, a mio avviso, merita Massimiliano Allegri. Intanto per la sua ennesima dimostrazione di onestà intellettuale quando, come ha fatto ieri a fine gara, ha detto chiaramente che la contestazione del pubblico era stata assolutamente corretta. E, in seconda battuta, per le sue scelte strategiche che taluni hanno voluto definire “illogiche” ma che personalmente giudico persino troppo logiche. Esemplare la questione del giovanissimo Kean la cui presenza in campo a tempo pieno è reclamata dalla maggioranza. Il giocatore vercellese è certamente un valore prezioso in piena crescita tanto che lo stesso Mancini si affida a lui per la sua nazionale. Allegri, secondo alcuni, sta mortificando il suo talento. Il che non è vero. Il tecnico bianconero lo sta semplicemente e saggiamente “dosando” per evitare che una sovraesposizione eccessiva possa danneggiarlo  se non bruciarlo e, con lui, la Juventus perla quale Kean rappresenta un patrimonio per il futuro prossimo.