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Un Pozzo(maina) da cui attingere. E i sorrisi, tanti, che si sprecano in questa periferia torinese, con il pallone sempre sullo sfondo. Qui è partito Paolo Gozzi, classe 2001, titolare nella Juventus a Ferrara e fresco di convocazione nella nuova Nazionale di Mancini. Qui è partito e qui sperano - in tantissimi - di proseguire sulle sue orme. Tracciate da talento e perseveranza. 'Ma soprattutto, umiltà', ci racconta in esclusiva Ottavio Porta, presidente del Pozzomaina.

Prima di dire se se l'aspettasse o meno, qual è il lavoro che fate sui ragazzi?
Nasciamo nel 1949 come Pino Maina, nel '74 il Pozzo Strada nel 1987. Nel 1993, ufficializziamo una delle più riuscite fusioni mai fatte: il Pozzomaina. Che nasce già sotto buoni auspici: tra i nati nel 1982 abbiamo una bella squadra di ragazzi, coi vari Frara, Casamassima, Pepe e Palmieri. Frara è il più fortunato, con Paolo Rossi - omonimo di Pablito -: il padre è juventino sfegatato, poi lui sceglie di andare al Torino. I quattro che hanno avuto più fortuna alla Juve sono stati Frara, Esposito, Alcibiade e Garbarino, che aveva vinto il Viareggio. 

E in tutto questo c'è anche Gozzi. 
Paolo è un 2001, arriva come mini esordiente. Inizia tardi, ha avuto problemi in Nigeria, adottato dalla mamma ma poi resta con una situazione particolare. Lo porta da noi un certo signor Zito, un militare, che conosceva il nostro responsabile della scuola calcio Gino Rea, l'autore della scoperta. Quando gli ha detto che c'era un ragazzo interessante, subito ha pensato di portarlo qui. Arrivando qui si è visto che avesse qualcosa in più degli altri. Non tale da incantare, non un talento strabiliante. Era un buon ragazzone, di cui si faceva fatica a meno. Di più forti in quella squadra ce n'erano tanti altri. Conosciamo bene il dottor Scaglia, c'è sempre stata una collaborazione proficua tra noi e la Juve. 

Come fu scoperto?
Venne a un torneo il dottor Milani. Avevo comunicato che c'era un ragazzo interessante da vedere. L'hanno portato subito a Vinovo, tant'è che il terzo anno l'ha fatto a metà da noi. Subito difensore? Da noi faceva il centrocampista, non aveva il senso del gol ma era un ragazzo generoso, modesto, che si prodigava per gli altri. Noi abbiamo cercato di aiutarlo come potevamo, la volontà incredibile ce l'ha messa lui. 

Queste doti lo stanno portando lontano? 
Senza dubbio. L'umiltà che ha Paolo è qualcosa d'incredibile. Il lavoro importante l'ha fatto Gino Rea, che l'ha visto; chi poi l'ha allenato. La grande collaborazione con la Juve è rimasta, adesso con il nuovo responsabile c'è continuità. Qualche nome? C'è un oggetto dei desideri: Manuel Pisano, sfuggito all'attenta guardia juventina. Il Milan l'ha messo sott'occhio. Poi c'è Martelli, che sta provando ora alla Juventus. 

Come immagina siano stati questi giorni per Paolo?
Ha avuto tanto da metabolizzare, processare. In Primavera era uno dei più giovani, poi ha avuto le chiamate dell'Under della Juve e la prima squadra. A Ferrara da titolare, incredibile. E Mancini l'ha chiamato pure in Nazionale. Per un ragazzo come lui, davvero tante emozioni in poco tempo. Ma chi gli sta attorno è bravo a fargli tenere i piedi per terra. 

Il messaggio che porta Gozzi può diventare ingombrante ai fini della sua crescita?
Guardi, il razzismo è più una forma linguistica. Nell'ambito sportivo, lo vedo come una forma di cervello e non di cuore. E' come una brutta battuta a un giocatore basso. I ragazzi, nello sport in generale e nel calcio, si coalizzano e si uniscono. In ogni società dilettantistica abbiamo ragazzi che arrivano da qualsiasi parte del mondo, e per fortuna, perché hanno voglia di fortuna e di far bene. In campo non può esserci razzismo: per i ragazzi, il valore del compagno è più alto. Paolo è portatore sano di questo.