commenta
“Le città invisibili” raccontate da Italo Calvino nel suo omonimo e visionario romanzo erano tante.  Se il geniale scrittore del Novecento avesse avuto l’opportunità di vivere i nostri giorni tribolati non avrebbe esitato ad aggiungere  un undicesimo capitolo al suo lavoro intitolandolo “le città fantasma”. Le nostre i cui squarci possiamo vedere e affacciati alle finestre o dai balconi delle case dove ci troviamo  a contare i minuti di un’esistenza  sospesa.
La notte appena passata abbiamo dormito un’ora in meno. Un “regalo” del quale non ne sentivamo il bisogno. Oggi avremo sessanta minuti in più da occupare in qualche modo per tentare di ingannare un tempo che sembra passare mai. Qualche pensiero in più, trai tanti  alla rinfusa, e uno in particolare visto che è domenica.  Anche questa volta niente stadio. Già, gli stadi!

DIVERSI MA UGUALI - Principalmente  si trovano collocati nelle periferie delle nostre città attualmente traversate da rarissime automobili e da un numero esiguo di persone che vanno di fretta e anonime dietro le mascherine che nascondono i loro volti. Ma se le scene nel centro delle metropoli sono da day after, l’atmosfera nell’hinterland è perlomeno  lunare. E qui si ergono, appunto, gli stadi nella loro perfetta inutilità temporanea.
Cattedrali maestose costruite per celebrare il  “dio pallone” e il suo figlio naturale “il dio denaro”. Prodigi di architettura avveniristica come, per esempio, l’Allianz della Juventus. Oppure sacri templi di storica tradizione come il Meazza di Inter e Milan o come l’Olimpico di Roma e Lazio. Ma anche cimeli un poco fatiscenti o addirittura appena accettabili come quelli per le categorie minori. A ciascuno il suo e per tutti i gusti a seconda delle possibilità. Eppure ognuno di essi punto di raccolta per milioni di fedeli officianti al rito pagano della domenica.
Il “dio pallone” punto di riferimento per i doni sacrificali. La passione per il gioco, l‘amore per la propria bandiera, il piacere di un sano divertimento all’aria aperta, ma anche  emozioni e gesti meno felici o persino brutali per violenza e prevaricazione. In ogni caso una ”messa cantata” che ci manca e che, consapevoli del danno economico che avrebbe causato questa vedovanza,  i lorsignori del pallone hanno fatto di tutto per evitare. Invano, naturalmente. Anche perché i sacerdoti del “dio pallone”, campioni ed eroi, sono fuggiti o stanno in quarantena come tutti, Meno campioni e niente eroi. Tutto sommato lo stesso ”dio pallone” appare  ed è ora soltanto un “dio minore”.  Molto minore. Fragile e impotente come ciascuna umana cosa. Dargli il suo giusto valore sarebbe il minimo. Su questo occorrerebbe meditare e farne tesoro per quando la giostra ricomincerà a girare.