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Claudio Gentile, storico difensore dell'Italia e della Juventus, è intervenuto alla Gazzetta dello Sport per parlare di Maradona e della marcatura forse più famosa della storia: quella del Mondiale 1982: "Bearzot venne in camera e mi disse: “Te la sentiresti di marcare Maradona?”. Pensavo scherzasse, ero sicuro che avrei seguito Kempes come quattro anni prima a Baires. Così risposi subito: “Certo, qual è il problema?”. Allora il mister replicò: “Bene, studiatelo”. Rimasi di sasso. Ripensandoci, mi resi conto che sarebbe stata dura, ma non mi sarei certo tirato indietro... Mi procurai le videocassette delle qualificazioni e cominciai ad analizzare i movimenti, i gesti tecnici, i colpi. Da solo, io e il video. A quei tempi non era frequente il ricorso alle cassette e non l’ho più fatto, ma capivo che Maradona era speciale. Unico. Il più grande? Sì. Il più grande è stato lui. Umanamente non l’ho apprezzato, ma da giocatore non posso che inchinarmi alla sua grandezza. Gli ho fatto anche gli auguri per i sessant’anni. Nessuno l’ha mai eguagliato. Neanche Messi. Lui s’è avvicinato a Diego ma non ha vinto un Mondiale, cosa che Diego ha fatto praticamente da solo nell’86. Aveva più personalità, era il capitano, prendeva la squadra sulle spalle e la portava avanti. Un leader. I compagni lo adoravano".

L’attaccante più difficile mai incontrato.
«Sicuro. Quasi immarcabile. Avevo capito che, se si fosse girato, con la sua velocità non avrei avuto scampo. Era così rapido che non l’avrei preso più. Dovevo stargli appiccicato, non farlo girare e tagliare le linee di passaggio dei compagni. Meno palloni riceveva, meglio era per me».

E peggio per lui. Non la prese bene.
«Per niente. Mi ha sofferto tutta la partita. Mi insultava, mi diceva hijo de puta, la concha que… Cercava di provocarmi, sperava che perdessi la testa e mi facessi ammonire. Ma io lo ignoravo e non lo ascoltavo. S’arrabbiava sempre più con il trascorrere di minuti perché doveva essere il suo Mondiale e invece se lo sentiva sfuggire».

Nessun rapporto con Diego dopo quella partita.
«Zero. Quel giorno si rifiutò anche di darmi la maglia. Una cosa che mi fa male anche ora a pensarci. Alla fine ci si dà sempre la mano, è un gesto sportivo. Quando abbiamo sconfitto il Brasile tutti i giocatori sono venuti a complimentarsi con noi. In quell’occasione Diego mi ha deluso, non è riuscito ad accettare la sconfitta».