commenta
Ricordiamo un Gian Piero Gasperini contrario a quello impetuoso che vediamo adesso mentre si agita a bordo campo, scatenato per spingere la sua Atalanta ancora più in alto. Il nostro Gasperini era moderato e misurato, educato e quasi dimesso. Frequentava ogni giorno il vecchio stadio comunale durante gli anni Novanta, in particolare dal 1994 in avanti, quando Moggi lo aveva riportato in bianconero come allenatore dopo che aveva smesso di giocare (aveva chiuso una buona carriera nella Vis Pesaro). Guidò, in dieci anni, prima i Giovanissimi e poi gli Allievi, infine la Primavera con la quale vinse un torneo di Viareggio nel 2003. Lo vedevi così rispettoso degli altri, si muoveva in punta di piedi, e non pensavi che potesse diventare un allenatore da grandi. Pareva fatto apposta per stare con i ragazzi: uno spogliatoio di adulti se lo mangerebbe, dicevano. Mica vero.

 

Nel 2003 decise di tentare il salto, e Moggi lo consigliò agli amici del Crotone. I risultati furono subito strabilianti: la promozione in B, un percorso eccellente, quindi il passaggio al Genoa portato subito in serie A. Il resto è storia nota: la scottatura interista, il Palermo, il Genoa, infine questa meravigliosa Atalanta che è un capolavoro di Percassi, ma nella quale lui mette molto del suo.

 

Da allenatore è stato sul punto di tornare alla Juve in almeno due occasioni, invece non è mai successo: lo hanno sempre giudicato, forse, uno straordinario tecnico da squadra medio-grande, non da big. In fin dei conti la storia di Gasperini in bianconero è un po’ quella di un incompiuto. Anche da ragazzo andò così: dieci anni nel settore giovanile della squadra della sua città, quindi via, lontano da lì per tutta la carriera proprio alle soglie del debutto.

 

Dieci più dieci: in totale fanno vent’anni in bianconero, ma mai sul serio. Nel senso che mai ha vissuto un’esperienza con la Juve dei grandi, anche se lui si è comportato in modo serissimo in tutto ciò che ha fatto. Tra poche ore cercherà di togliere a quella squadra, cui è inevitabilmente legato, la semifinale di Coppa Italia. L’ha battuta solo due volte in carriera nonostante gli scontri siano stati ventitré (sedici le sconfitte), in entrambe le circostanze con il Genoa, l’ultima nel 2014. Eppure stasera la sua Atalanta fa paura ad Allegri, perché è una squadra indemoniata. Com’è lui. Adesso, però.

@steagresti