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Quando ha avuto inizio il procedimento, il nome di Cristiano Ronaldo era solo tra i possibili testimoni. L'idea che potesse essere chiamato in Tribunale sembrava solamente un'ipotesi.

Ora, invece, sembra che le informazioni detenute dal celebre calciatore portoghese possano essere cruciali per fare chiarezza su un presunto caso di frode legato alla produzione e alla vendita di magliette che presentavano una grafica troppo simile a quelle della Juventus, ma con l'aggiunta del logo "CR7Museu". A riportarlo è l'edizione torinese del Corriere della Sera.


L'accusa


Secondo l'accusa del pm Elisa Buffa, la frode sarebbe stata orchestrata dal fratello di Ronaldo, Hugo Dinarte Santos Aveiro, che è il legale rappresentante della Mussara Gestao de Espacos e Eventos LDA, l'azienda titolare del marchio "CR7Museu". È così che il giudice Alessandra Salvadori, inizialmente propensa a scartare la testimonianza di Ronaldo come "superflua", ha ora richiesto all'avvocato Roberto Capra, difensore dell'imprenditore Rocco Valenti, vittima presunta dell'inganno, di procedere con la convocazione del calciatore per comparire in tribunale durante la prossima udienza, fissata per il 31 maggio.


La vicenda


La vicenda risale al 2019, quando Cristiano Ronaldo giocava per la Juventus. In quell'estate, Valenti stipulò un contratto con la Mussara attraverso intermediari, impegnandosi a versare 650 mila euro (con un anticipo di 630 mila euro) per ottenere la licenza per il merchandising del calciatore e produrre magliette con il logo "CR7Museu". La produzione iniziò e furono realizzate 13 mila magliette, ma presto sorse un problema. "Gli intermediari ci informarono che dovevamo interrompere la produzione perché Adidas aveva obiezioni: la grafica era troppo simile alla loro", dichiarò Valenti in tribunale.

Tuttavia, fu proprio Hugo Santos Aveiro a dare il via libera al modello e successivamente a richiedere l'interruzione della produzione per evitare controversie legali con Adidas, che si era lamentata con Ronaldo. Questa ricostruzione sembra essere confermata anche dalle dichiarazioni dell'intermediaria Ilaria Negri, che ha precisato di non aver mai incontrato il fratello di Ronaldo e di aver sempre comunicato con un altro intermediario che diceva di essere in contatto con l'imputato.


Perché erano in Portogallo?


Valenti cedette le magliette già prodotte, al prezzo di 4,50 euro, a un'altra società (indicata dagli intermediari) affinché fossero distrutte. Tuttavia, le magliette riapparvero in vendita in Portogallo, presso il Museo CR7 sull'isola di Madeira, al prezzo di 40 euro. L'avvocato di Hugo Santos Aveiro, Gregorio Cavalla, sostiene che se c'è stata una frode, i veri colpevoli devono essere cercati altrove. Inoltre, sembra che nessuno abbia mai incontrato il fratello di Ronaldo. Pertanto, resta da stabilire chi ha autorizzato la produzione e chi ha deciso di interromperla, addossando la responsabilità alla presunta diffida di Adidas a CR7. È qui che diventa fondamentale la testimonianza di Ronaldo, l'unico forse a conoscere i dettagli dei contatti con l'azienda di abbigliamento multinazionale e successivamente con suo fratello, che gestisce da anni i milionari affari del merchandising del celebre calciatore.

 

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