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Come ormai saprete, il recente scambio Pjanic-Arthur ha ingenerato in tutto il popolo juventino una certa confusione tattica. Primo colpo sarrista, s’è detto, e su questo non ci piove. Anche se per me di fatto è già il secondo, considerato che l’estate scorsa c’era chi voleva vendere Dybala, e Sarri evidentemente si oppose. Okay, ma questo bravo brasiliano così sarrista è o non è il sostituto di “Mr. 150 palloni a partita”? (Queste son le virgolette più ironiche e amare che io abbia mai digitato).    
La risposta è nì, ma non per tenere i piedi in due staffe. È nì perché Arthur potrebbe anche diventarlo, per caratteristiche. Ciò tuttavia presupporrebbe una seconda scommessa da parte di Sarri, e per il secondo anno di fila, giacché Arthur in quel ruolo specifico, da quando è in Europa, non ha mai giocato. Suona strano che il Comandante voglia arrischiare così la propria permanenza in bianconero. Propenderei dunque per l’altro partito, quello di chi vede essenzialmente in Arthur la mezzala che in effetti finora è stato. Cerchiamo allora di ripercorre un po’ le tappe della sua ancor breve carriera (ha solo 23 anni), per capire qualcosa in più su di lui, come ad esempio che tipo di mezzala sia e quali funzioni e quali posizioni gli sono state assegnate dai vari allenatori. Perché dire mezzala oggigiorno non basta, è un po’ vago. Pensate solo agli attuali interpreti bianconeri, non ce ne sono due che si somiglino. Ecco, Arthur è un altro profilo ancora, porta quello che non c’è.           
 
NEL GREMIO DI PORTALUPPI –  Più per dovere di cronaca che altro, cominciamo dalla finale di Copa Libertadores vinta col Gremio nel 2017. Un altro mondo, un altro calcio. Avrebbe poco fondamento, in questo preciso momento, considerare Arthur un interno di centrocampo solo perché il Gremio di Portaluppi faceva il 4-2-3-1/4-4-2, e lui, dei due centrocampisti, era il regista. Sarri, tra l’altro, non ha certo intenzione di cambiare modulo.    



NEL BRASILE DI TITE - Maggior interesse e pertinenza suscita invece, sempre per restare in quel continente, la versione di Arthur in verdeoro, ossia nel Brasile di Tite che ha vinto la Copa America 2019. Presa in esempio la fase difensiva della Seleçâo nella finale contro il Perù, si legge chiaramente un 4-3-3, con Arthur e Coutinho equidistanti e simmetrici, protetti alle spalle dal mediocentro Casemiro.    



In costruzione tuttavia, e più in generale nella fase di possesso, le due mezzali di Tite agivano molto diversamente. La risalita del pallone fino a metà campo spettava generalmente ad Arthur, coadiuvato da Casemiro. Addirittura Arthur finiva anche sotto Coutinho, dalla parte opposta alla sua, pur di mostrare al compagno in possesso del pallone una linea di passaggio corta e sicura, alternativa a Casemiro.  



Colgo l’occasione per parlarvi di una dote palese: Arthur, se aggredito con vigore, protegge il pallone meglio di Pjanic. Sia grazie a un primo controllo più sicuro e calamitante, sia per struttura fisica. Arthur è più potente e reattivo.



In breve, è molto difficile portargliela via. Non a caso a Barcellona è stato subito accostato a Xavi per queste e altre qualità (ad esempio l’essenzialità del tocco, la pulizia nel passaggio).
 


Qui una volta scaricato il pallone sul sostegno Thiago Silva, lo vediamo tornare a destra assecondando il giro-palla, pronto a farsi vedere di nuovo.



Andiamo avanti: altra azione, altro terzo di campo. Questa è la conformazione tipica del triangolo di centrocampo del Brasile di Tite. Significative le posizioni di Arthur e Coutinho. Quest’ultimo, che dei due è il meno centrocampista, sta più alto e si muove con più libertà tra le linee sul centrosinistra, quasi da trequartista. Arthur, di conseguenza, bilanciando le caratteristiche del compagno di reparto resta più basso a offrire gioco corto al compagno. Ecco cosa intendiamo quando parliamo di mezzala di regia, mezzala di palleggio.



NEL BARCELLONA DI VALVERDE – Quando il brasiliano arriva al Barcellona, nell’estate del 2018, sulla panchina blaugrana siede Ernesto Valverde, che pur adottando lo stesso modulo (il 4-3-3) propone uno sviluppo di gioco differente. Posizioni e funzioni cambiano per le mezzali. Ma c’è una costante: tanto nel Barcellona quanto nel Brasile Arthur è protetto da un mediano (qui Busquets, là Casemiro). Vien da pensare a Bentancur. Ma guardiamo da vicino la struttura del Barça durante le fasi iniziali del Clásico vinto 5-1 al Camp Nou (28/10/2018). Arthur e Rakitic stanno abbastanza piatti, ai fianchi di Busquets. Lo spazio tra le linee di centrocampo e difesa degli avversari è infatti occupato dai due esterni alti del Barcellona (Coutinho e Rafinha), che Valverde ama tenere stretti sotto la punta, così da liberare le corsie laterali per i terzini molto propositivi.     



Quanto ad Arthur, ne risulta un’interpretazione del ruolo piuttosto vincolata all’appoggio e al sostegno, spesso in posizione arretrata e defilata. Una cabina di regia decentrata. Naturalmente ciò non preclude altro. Tra le due mezzali stavolta, tra Rakitic e Arthur, è Arthur il più trequartista dei due. Perciò all’occorrenza andrà lui a giocare tra le linee.
  
NEL BARÇA DI SETIEN – Quest’anno invece, soprattutto dopo l’avvicendamento in panchina, e cioè con Setien alla guida del Barcellona, abbiamo visto un’interpretazione del ruolo ancora diversa da parte di Arthur, più offensiva. Sul giro-palla le mezzali stanno tendenzialmente alte nello spazio di mezzo. Una soluzione molto più “alla Guardiola”. L’ esempio è tratto dall’ultimo Barcellona-Leganes (16/06/20).   



Quando il pallone giunge al terzino, in massima ampiezza va l’esterno di catena del tridente (sotto, Ansu Fati), mentre la mezzala (Arthur) galleggia tra le linee pronta a fare da “comodino” per i compagni vicini. Un’opzione riscontrabile anche nel sarrismo.



Così come imparentato al sarrismo è anche questo “disordine creativo” che precede il gol del pareggio blaugrana al San Paolo. A fatica, ma anche grazie all’ingresso di Arthur nella ripresa (appunto più offensivo e veloce nel palleggio di Rakitic), la squadra di Setien riuscì a manipolare col suo gioco di posizione il blocco compatto e apparentemente impenetrabile del Napoli. Riuscì loro ciò che non è riuscito alla Juve nella finale di Coppa Italia, ovvero insistere per vie centrali, in spazi strettissimi.



GLI STRAPPETTI DI ARTHUR – C’è un altro motivo per cui Arthur può giocare da mezzala: il brasiliano è in grado di effettuare piccoli strappi improvvisi in conduzione, che o alleggeriscono la manovra o perforano le linee avversarie creando situazioni imprevedibili e pericolose. Unite questo elemento al gioco a due tocchi che lo caratterizza e avrete un giocatore che praticamente non la perde mai, affidabile e allo stesso tempo tagliente. Il 22 febbraio, prima del lockdown, Arthur ha segnato contro l’Eibar il suo terzo gol in campionato. Vorrei mostrarvi lo strappetto da cui si è originata questa rete.  



Controllo orientato nello spazio utile su passaggio del difensore centrale, resiste alla carica e avanza forte palla al piede. Un altro centrocampista avversario gli si oppone.



Lui salta anche quello e poco prima di sbattere contro un difensore tocca d’esterno per Braithwaite. Andrà a segnare tagliando la corsa del centravanti e raccogliendo in tap-in il tiro parato del compagno.



L’ASSIST CONTRO IL SIVIGLIA – Al primo anno di Barcellona, un assist e zero gol nella Liga. Nella seconda stagione meglio, tre e tre. Merita una menzione particolare la giocata contro il Siviglia del 6 ottobre 2019. L’area è fitta, un giocatore normale da lì la mette alta per la testa di Vidal. Lui no, vede un corridoio e calcia forte e teso per la scarpata vincente del cileno. La palla passa tra i difensori, non sopra. E questa è rara bellezza. Visione, talento puro.