commenta
Eravamo felici e lo sapevamo bene. Felicità, assenza di paura? Sì, perché quella sera, il 28 aprile 2018, Gonzalo Higuain da Brest prese la paura e la estirpò dai cuori di tutti i tifosi della Juventus: calcio di punizione, batte Dybala, mischia, la sua testa che spunta tra le altre teste, Handanovic immobile, per un attimo San Siro si ammutolisce — sospeso — e la palla che si deposita nell’angolino opposto, una parte di San Siro che esplode, la paura che si dissolve e la felicità che si manifesta: è uno stato di ebbrezza, incontrollato, irrazionale e inaspettato, ma forse desiderato da sempre. Eravamo felici e lo sapevamo bene.

Gonzalo Higuain ieri ha annunciato che smetterà di giocare a calcio. E alzi la mano chi, con la mente, con il cuore, con il ricordo, non è tornato a quella sera di primavera inoltrata a Milano. Al gol scudetto per antonomasia. Alla rimonta. Al pericolo scongiurato che lo scudetto sfuggisse di mano per finire sul petto della rivale — per Gonzalo — più sentita. Ma è stato solo questo, Gonzalo Higuain? Certo che no. A proposito di Napoli, l’argentino è stato una scelta presa e difesa: la sua, di lasciare un popolo che lo osannava, lo adorava come soltanto dalle parti del Vesuvio sanno fare. Una passione smodata alla quale Higuain ha rinunciato. Per il Napoli un tradimento. Per la Juve un gesto d’amore. Non soltanto, certo: Higuain è venuto a Torino per alzare il livello. Per misurarsi con obiettivi più importanti. Un matrimonio anche d’interesse. Ma voluto e mai rinnegato. Era felice, Higuain, quando sorridendo reggeva la sua 9 bianconera. E lo sapeva bene.

E quasi come a voler giustificare la sua scelta, al Napoli ha sempre fatto male, non chiedendo scusa. Più mi insultate, più vi faccio gol. Ma no, non è stato soltanto questo, Gonzalo Higuain. È stato l’attaccante di una delle Juve più belle del decennio: quella durata dal 21 gennaio al 2 giugno 2017. Ma anche prima, quando chi stava in panchina faticava a vederli tutti insieme in campo, il Pipita non ha mai marcato visita: sprazzi di onnipotenza calcistica contro la Roma in casa e nel derby nel dicembre 2016; o ancor prima, quei pochi secondi intercorsi tra il suo debutto e il suo primo gol con la Juventus alla Fiorentina: era ancora agosto. Quasi un anno dopo, ma sempre nella stessa stagione, a maggio: Louis II, Montecarlo, l’ultima scalpellata su un contropiede sublime. Una sentenza.

Senza che ci sia bisogno di spiegare il perché, il racconto della sua prima stagione può anche terminare a quella notte. E ricominciare con la doppietta di San Siro contro il Milan, o dalla nostalgica Lisbona, a salvare il risultato contro lo Sporting. E proseguire nella notte di Wembley: un altra rimonta, ma questa volta Higuain la avvia, segnando il pareggio e portando la palla subito in mezzo al campo. Tre minuti dopo segnerà Paulo Dybala, accompagnato, quasi cullato, da solo davanti a Lloris, da una palla incantevole dello stesso Gonzalo. Eravamo felicissimi e Dio, se lo sapevamo. Da argentino ad argentino, come a Milano un mese e mezzo dopo. 

Poi ogni storia, anche la più bella, finisce. Spesso perché arriva qualcun altro. E nella nostra storia l’altro non è uno qualsiasi: è Cristiano Ronaldo. Higuain sa, Higuain capisce: deve fargli spazio. Ma certi addii, anche se si consumano, rimangono in qualche modo concettualmente sbagliati: quello tra Higuain e la Juve è tutto nella sera dell’11 novembre a San Siro (ancora lui!). Un rigore sbagliato, una sconfitta, un’espulsione, la rabbia, la delicatezza di Blaise Matuidi. Una punizione che Gonzalo non meritava. Così il destino lo ripaga con una Europa League vinta con il Chelsea e con il suo futuro allenatore.

Sì, perché alla storia tra Higuain e alla Juventus un finale mancava. Ed è un altro scudetto, un altro gol al Napoli, un altro all'Inter, uno da playstation contro l'Udinese, un ruolo da comprimario questa volta accettato. Prima che il Covid rimettesse tutto in discussione, anche le priorità di un calciatore che prima di tutto è, e rimarrà, un uomo sensibile. Un uomo che ha smosso emozioni. E che il mondo Juventus ha seguito anche da lontano. Un uomo — e un calciatore — che oggi conclude una parte della sua storia. È stato bello farne parte: perché ci hai reso felici, e consapevoli di esserlo.