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"Juventus Football Club S.p.A. comunica che, a seguito del verificarsi delle prestabilite condizioni contrattuali, è scattato l’obbligo di acquisizione a titolo definitivo da parte della società Borussia Dortmund GmbH & Co. KGaA del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Emre Can a fronte di un corrispettivo di € 25 milioni pagabili in tre esercizi. Tale operazione genera un effetto economico positivo di circa € 12,4 milioni, al netto del contributo di solidarietà e degli oneri accessori". E' di ieri sera il comunicato - quello che avete appena letto - che ha ufficializzato il riscatto di Emre Can da parte del Dortmund. Il centrocampista tedesco, escluso dalla lista Champions e mai ben visto da Maurizio Sarri, ha lasciato la Juve in prestito a gennaio per tornare ad essere protagonista con la maglia del Dortmund. C'è voluta qualche settimana per definire un'operazione in realtà anche abbastanza semplice (prestito con diritto di riscatto diventato obbligo a determinate condizioni) e al termine della trattativa, arrivato solo a qualche ora dalla chiusura del mercato, le parti erano soddisfatte. Contento il Dortmund per il colpo di livello, contento Emre Can per la "liberazione". E la Juve? Ha motivo di essere contenta?

IL PROBLEMA - Uscendo dal quadro squisitamente tecnico - per cui comunque non sembra un buon affare - c'è un altro problema che sorge, un fatto verificatosi più volte, tanto da diventare un trend. La Juve per Emre Can ha trattato e chiesto almeno 30 milioni di euro per diverse settimane, ripetendo anche l'importanza del giocatore nel progetto, ma poi dopo aver provato a forzare le parti si è arresa alle condizione del club offerente: 25 milioni. Necessità di bilancio e di mercato, anche per accontentare il giocatore. Una decisione che però sa di nota stonata, inserita in uno spartito ricco di questi acuti sbagliati. Una scelta quasi obbligata, ma errata sotto ogni punto di vista, basti pensare alla durezza con cui il Tottenham ha affrontato la situazione Eriksen, così riassumibile: "Va via alle nostre condizioni, non a quelle di chi acquista". E così è stato, anche a pochi giorni dalla scadenza ufficiosa del suo contratto. La Juve, invece, si è piegata alle volontà della controparte, e non è la prima volta.  

I CASI - Di recente sono diversi i casi in cui i bianconeri hanno dovuto cedere il passo alle offerenti o agli stessi giocatori scontenti. Benatia e Higuain furono i primi esempi di questo trend, soprattutto l'argentino con una cessione al Milan dovuta dopo l'arrivo di Ronaldo, ma realizzata solo in prestito e per una cifre in grado di coprire giusto il peso del giocatore a bilancio. Un affare fatto con i rossoneri prima e con il Chelsea poi alle medesime condizioni, non assecondando le proprie volontà ad inizio trattative, ovvero lasciar andare il Pipita solo a titolo definitivo o con obbligo di riscatto. Un altro caso celebre, e anche molto recente, è quello che coinvolge Mario Mandzukic: settimane di trattative, tanti no del croato, poi ancora mesi per impostare una cessione e una plusvalenza, diventata copertura del costo a bilancio e in seguito terminata con la rescissione contrattuale, con il solo risparmio dell'ingaggio. E ancora il caso Joao Cancelo. Quella del portoghese sulla carta è un'ottima cessione, almeno per la valutazione da 65 milioni di euro, ma la Juve ha dovuto inserire nell'affare anche Danilo. Il parere, anche in questo caso, non è tecnico, ma si collega a quanto detto finora: Paratici e il resto della dirigenza per un mese e mezzo abbondante hanno escluso la possibilità di uno scambio e poi all'avvicinarsi della scadenza bilancio hanno dovuto accettare. Scavalcando i progetti iniziali e la propria volontà. Emre Can è l'ultimo caso, sarà l'ultimo?