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A proposito della Juventus e dell'inchiesta Prisma, con relativa richiesta del rinvio a giudizio per gran parte dello stato maggiore della società bianconera, Gravina ha responsabilmente detto: “No al linciaggio!”. Ma è come un bicchier d'acqua nell'oceano. Siamo in pieno linciaggio. E, aggiungo: autolinciaggio. Anche molti tifosi, molti osservatori, molti opinionisti di fede juventina non resistono. Si uniscono al coro dei colpevolisti a tutti i costi, battono come fabbri, condannano e prevedono addirittura le pene. Innanzitutto è una dinamica psicologica comprensibile, figlia della delusione. Si contribuisce a incendiare per ottenere un fuoco purificatore e andare dritti alla rifondazione catartica, ma così facendo si partecipa, appunto, al linciaggio, ovvero alla lapidazione in piazza prima del processo. Fra grida e dileggi, proviamo a distinguere e a descrivere la situazione con qualche parola chiave.

I MEDIA - In questi casi, e non solo per la Juventus (certo, per esempio, per l'AlbinoLeffe l'effetto sarebbe minore) si scatena la tempesta mediatica. Non solo per la Juventus, ripetiamo: il meccanismo è sempre lo stesso. Da una notizia clamorosa, le dimissioni del C.d.A., inizia un crescendo di rivelazioni, di esclusive, di soffiate, di testimonianze. Un giornale pubblica un brandello d'intercettazione, un altro ne pubblica una seconda e via così fino a un effetto valanga di ridondanza globale, in cui il prima si confonde con il dopo, il grande con il piccolo, il dubbio con la certezza. Spunta un testimone, una lettera che si cita, ma non si trova. Un “sono preoccupato” diventa una prova, una gradassata come “la Consob la supercazzoliamo” il complotto diabolico ai danni dell'Istituzione... C'è una mente dietro tutto quest'ordigno che si autoalimenta? No. E' il sistema, è il Dna, l'insiemistica (non l'aritmetica) della comunicazione. Non ce l'hanno necessariamente con la Juve. La moltiplicazione specchio contro specchio delle notizie avviene per ogni evento in attesa di giudizio. Giova a qualcuno? Certamente. Giova all'accusa in genere: sia a quella professionale (i magistrati) sia agli editori, sia ai giornalisti. Per quanto riguarda la prima categoria, diciamo, che è sempre meglio arrivare ad un processo sospinti dal “favore popolare”. Per gli altri si tratta sempre di “battere il ferro quando è caldo” e di scaldarlo. E' quello che sta accadendo con le intercettazioni puntualmente stampate sui giornali e sui siti che volentieri “ricevono e pubblicano”.

PLUSVALENZE - E' uno degli elementi fondanti dell'accusa. Con le plusvalenze gonfiate, alla Juve, avrebbero taroccato i conti e quindi i bilanci. Gravina ha detto di andarci piano con quest'argomento perché la squadra bianconera non risulterebbe la sola a utilizzare eventualmente tale escamotage. Per la banale ragione che le plusvalenze sono basate su scambi e gli scambi si fanno in due. Inoltre ci sono altre società del campionato di serie A che hanno iscritto a bilancio plusvalenze ottenute non con la Juve. Su questo tema e per il periodo contemplato dall'inchiesta Prisma, la giustizia sportiva aveva già assolto le società. A questo proposito il GIP del Tribunale di Torino Ludovico Morello quando, pochi giorni fa, la Procura di Torino richiese misure restrittive per Andrea Agnelli e altri indagati, ha scritto (fonte Ansa) che se la Juventus si è davvero attenuta alla prassi standard “risulterebbe difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi doloso, dai corretti criteri di contabilizzazione delle poste”. Calciomercato.com, riportando la notizia, conclude che per Morello è comunque opportuno “un accurato approfondimento”.

CALCIOPOLI . “E' come Calciopoli! E' peggio di Calciopoli!”. No perché in quel caso quasi non si andò a giudizio, si andò a sentenza: i giorni per leggere migliaia e migliaia di pagine furono dieci, il ricorso al Tar di fatto reso impossibile dall'imminente preparazione del campionato, che sarebbe stato dilazionato. Ora c'è più tempo, la fattispecie è diversa, anche se molti sognano per la Juve la B, la C o la radiazione.

JOHN ELKANN - Sembrerebbe lui il “rivoluzionario” che ha ribaltato Andrea Agnelli e l'attuale C.d.A. E certamente è così, ma non per liquidare la squadra. Innanzitutto perché questo facilita la difesa, eliminando mesi di attacchi ad personam e stillicidi. In secondo luogo per sgombrare il campo da sospetti che la Exor non vigili su un suo asset (la Juventus, appunto).

COMPATTEZZA - La parola chiave. Per non dire divergenze o contrasti si è scelta una via diplomatica, quindi attenuativa. “Compattezza” compare due volte. La prima nel comunicato stampa della società in cui Andrea Agnelli dice che è mancata “compattezza” all'interno del C.d.A. E quindi non si poteva più andare avanti perché la spaccatura era troppo grave (un consigliere ha addirittura affermato che non aveva ricevuto le informazioni necessarie per decidere). La compattezza ricompare nel secondo comunicato della Juventus: “Sulla base di un solido set di pareri di primari professionisti legali e contabili, il board di Juventus è pervenuto, con compattezza, alla conclusione unanime da parte dei nove consiglieri in carica alla data del 28 novembre 2022 che: 1) il trattamento contabile adottato nei bilanci contestati rientra tra quelli consentiti dagli applicabili principi contabili. 2) le contestazioni della Procura non paiono fondate e non paiono, peraltro (…) allineate con i rilievi contenuti nella delibera Consob del 19 ottobre 2022”. Fra Consob e Procura, insomma, secondo la Società, assolutamente compatta, non ci sarebbe identità di vedute sia per le plusvalenze, sia per le rinunce a stipendi, sia per un ipotetico falso in bilancio. Certo, una dichiarazione di parte, ma con una notevole portata difensiva, che rende quantomeno dubbia la versione da avanspettacolo con un Paratici e qualche compare alla fiera del bue grasso di Carrù che sparano un tanto al chilo.

INFINE - Tutto questo per dire che tra il partito della radiazione e quello dell'innocenza assoluta sarebbe meglio aderire a quello del dubbio critico.