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La Juventus va. La parafrasi con il titolo di un film realizzato dal maestro Federico Fellini ci sta tutta. L’opera cinematografica, uscita nel 1983, si intitolava appunto “E la nave va”. L’ennesimo sogno visionario di un genio internazionale ed epocale il cui nome viene celebrato oggi in tutto il mondo per ricordarne il giorno della nascita, il 20 gennaio di cento anni fa a Rimini.

L’occasione per dire di lui e dei suoi capolavori è troppo ghiotta per essere ignorata. Partendo proprio dalla sua città di quella Romagna dove, insieme con l’Emilia, domenica attraverso il risultato delle elezioni regionali più “politiche e nazionali” della nostra Storia recente si giocherà una partita delicatissima per il nostro Paese. Felllini non amava la politica. Era un anarchico che svicolava dalle urne elettorali, ma questa volta credo che avrebbe seguito il canto delle sardine. Lui sempre affascinato dalle avventure coraggiose.

A Rimini mi trovai alla vigilia della prima giornata di un campionato surreale per la Juventus che, finita nelle sabbie mobili di Calciopoli, era stata condannata a ricominciare dalla Serie B. Un pianeta sconosciuto alla squadra di Deschamps avvezza a ben altri palcoscenici. Un pianeta ostile tanto che, tra lo stupore generale, la partita finì con un pareggio. Alla rete di Paro, per i bianconeri, aveva fatto seguito il gol del carneade Ricchiuti che fu re per un giorno.

La sera precedente ero andato a cena con Francesca Fabbri. Una riminese non qualunque. Era ed è la nipote del maestro essendo la figlia di Maddalena, la sorella di Fellini. Volevo conoscere la parte meno pubblica dello zio. Sapevo, avendolo conosciuto a Torino insieme con la sua Giulietta durante una seduta con il parapsicologo Gustavo Rol, che Federico rispetto al calcio era agnostico. In parole povere se ne disinteressava anche se la Juventus non lo lasciava del tutto indifferente, come del resto gran parte dei romagnoli. Mi piaceva comunque collegare Fellini con la nuova storia della Juve di quel momento atipico, principessa ridotta a cenerentola in un film che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere. E quella partita nello stadio di Rimini fu sul serio una sorta di rappresentazione felliniana.

Come oggi. Oggi che la Juve va, proprio come la nave inventata dal maestro. Lo skipper Sarri ha ordinato di aprire lo spinnaker e la barca bianconera ha preso il largo sfruttando le secche leccesi dove si è incagliato Conte. Il film di Fellini non fu una delle sue opere migliori. Vinse egualmente un Donatello, ma non riuscì a sfondare sul mercato mondiale come altri capolavori realizzati. Era comunque l’opera di un gigante al quale la torta non era venuta cotta a puntino. Accade, talvolta, agli artisti più celebri e meritevoli senza che questo incida più di tanto sul loro valore. L’importante era che la “nave” felliniana continuasse il suo viaggio nel mondo dove la fantasia era al potere.

Così per la Juventus che, forse, non sarà all’altezza di certe sue madri o nonne del passato ma che, in ogni caso, riesce a mantenere integro il suo pedigree originale. Del resto, anche Sarri, a modo suo, è un visionario e anche lui, come Fellini sa di poter contare sulla figura magica che compare nell’ultima scena del film. Un rinoceronte a bordo che fa capolino trai passeggeri. È bevendo il suo latte che il viaggio potrà continuare sospinto dal vento del sogno. Una presenza misteriosa e magica proprio come quella di Ronaldo.