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Spesso negli ultimi due anni, conquistati dai colpi di Paulo Dybala, abbiamo discusso delle sue qualità, di quanto fosse già grande e di quanto potesse ancora diventarlo. E abbiamo parlato di quel numero 10 che gli spettava per le straordinarie doti tecniche e perché ricordava, in certi momenti, alcuni dei fuoriclasse che lo hanno portato sulle spalle. Magari non Platini, che era un altro tipo di campione, con caratteristiche differenti, ma piuttosto il suo connazionale Sivori oppure in certi momenti Baggio e, per il modo di calciare le punizioni, anche Del Piero. Uscendo dal mondo bianconero, c’è perfino chi ha visto in lui il dopo Messi, un asso destinato a diventare uno dei primi due o tre del mondo.

 

Abbiamo citato nomi che fanno tremare i polsi al solo nominarli. Eppure non ci è mai sembrato che paragonare Dybala a loro fosse un’esagerazione, un’eresia tecnica. Ora che la Juve ha offerto a Paulo il numero 10, e lui se l’è preso con orgoglio e coraggio, è però giusto sottolineare come il ragazzo non sia ancora al livello di coloro che abbiamo scritto sopra e anzi come non sia nemmeno vicino a certi fenomeni. Il motivo è semplice: un fuoriclasse è tale per i colpi ma anche per la personalità, per quanto pesa nella propria squadra e nel calcio mondiale, per il modo in cui affronta le partite più importanti.

 

Prendiamo Del Piero. C’è chi sostiene che, a livello puramente tecnico, Dybala sia addirittura superiore ad Alex. Noi però ricordiamo che l’ex capitano, appena ventenne, aveva già incantato il mondo con una serie di magie in una Champions League poi vinta dalla Juve, e allo scoccare dei ventidue anni era stato capace di segnare il gol che laureò i bianconeri campioni del mondo regalando loro la Coppa Intercontinentale.

 

Ecco, è questo che colloca Dybala - ancora giovane, ma comunque vicino ai ventiquattro anni - un paio di gradini sotto i grandi numeri 10 che hanno percorso la storia della Juve. Se vuole salirli, e può farlo, deve essere qualcosa in più di ciò che è stato finora, diventando protagonista e non sbiadita comparsa nelle partite che fanno la storia come, ad esempio, la finale di Cardiff. Già, perché per essere un fenomeno e doti tecniche sono fondamentali, ma non sufficienti.

@steagresti