21
La vita non regala nulla. Semmai, talvolta e non a tutti, può limitarsi a offrire grandi opportunità. Coloro i quali possiedono capacità di cogliere il senso di quel dono prezioso trasformano il “seme” in un albero ricco di frutti buoni per sé stessi e per gli altri. Poi c’è chi, per ragioni assortite, non si accorge della possibile fortuna. L’attimo fuggente si dissolve e il destino, come Paganini, non ripete.

Ho la netta sensazione che proprio il secondo caso appartenga alla storia che fin qui ha legato Paulo Dybala alla Juventus. Un rapporto nato sotto il segno di un matrimonio da favola il quale sembra andarsi esaurendo, come spesso avviene per certe unioni, per incompatibilità di carattere e che lascia presagire un fatale ed inevitabile divorzio.

Si tratterebbe di un evento piuttosto doloroso soprattutto per il popolo bianconero il quale, con ottime ragioni, aveva eletto il giovane talento argentino come l’uomo della provvidenza e il giocatore garante di puro divertimento oltreché di sostanza prestigiosa. La critica addirittura, mi metto in prima fila, aveva sovrapposto la figura di Dybala a quella dell’immenso e mai dimenticato Omar Sivori. La società bianconera, infine, lo aveva vestito con la maglia numero 10 che viene riservata ai giocatori speciali. L’idillio pareva perfetto.

Anche a Frosinone, come ormai accade da tempo, si  visto quel “numero 10” vagare per il campo di gioco con svagatezza ed abulia come se la partita per lui fosse un fatto accidentale e lui con la mente si trovasse altrove. Emblematica e significativa la frase a commento spesa da Allegri: “La qualità migliore di Dybala è la corsa” Dunque non la fantasia, la creatività, il genio. Una critica pesante per un fuoriclasse che non è un maratoneta e al quale viene chiesto di inventare più che non di limitasi a correre.

Il problema di Dybala e della sua dolorosa eclissi bianconera, a mio avviso, si trova tutto e soltanto dentro la mente e forse anche l’anima dello stesso giocatore il quale arrivato alla Juve come un cucciolo di leone si era convinto, non senza buoni motivi, di poter diventare strada facendo il “Re Leone” della savana bianconera. Poi è arrivato Ronaldo con tutta la sua esperienza e il suo appeal di condottiero. In Dybala, evidentemente a livello di inconscio, è scattata la molla non della gelosia (sarebbe un pazzo e presuntuoso) ma della consapevolezza rispetto ad una fatale “diminutio” a dover sopportare. E le spalle di Dybala non sono cosi larghe e solide da consentirgli di reggere quel peso. Ecco perché immagino con molta amarezza, che il campione argentino abbia già lasciato la Juventus. Per fortuna, dietro di lui, è spuntato Bernardeschi.