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Fanno bene alla Juventus a sostenere che Paulo Dybala non rappresenta un "caso". Non lo è certamente per la società bianconera. I giocatori vanno e vengono. Anche i campioni. Fatte salve alcune rarissime eccezioni, nessuno è veramente indispensabile. Comunque un caso Dybala esiste, ma è assolutamente personale. Di lui, intendo, del fuoriclasse argentino.

Dybala ha venticinque anni. Bello, famoso e ricco grazie a un dono preziosissimo che il Padreterno o, se vogliamo, la natura gli ha voluto riservare nel momento della sua nascita. Saper addomesticare un pallone con i piedi come il musicista il violino, il pittore un pennello, il romanziere la penna. Un talento, insomma. Dybala ha la grande fortuna di potersi dichiarare un autentico fortunato rispetto alla stragrande maggioranza dei suoi coetanei, laureati e non, che vivono ancora con mamma e papà perché la generazione “mille euro” non è in grado di trovare un lavoro che permetta l’indipendenza.

Dybala, a questo punto della carriera, può dirsi doppiamene fortunato perché naturalmente  in virtù della sua abilità professionale è riuscito ad approdare in un porto sicuro e blindato al quale tantissimi suoi colleghi ambirebbero. La Juventus, per tentare di responsabilizzarlo radicalmente, gli ha dato l’opportunità di indossare la prestigiosa magia numero 10 e, in assenza di Chiellini, di scendere in campo con la fascia da capitano al braccio. L’affetto che la gente gli dimostra, infine, dovrebbe rappresentare una sorta di cemento indistruttibile per il suo legame tra lui e la realtà bianconera.

Dybala, però, non è felice. Perlomeno dimostra di non essere sereno interiormente e di soffrire un certo tipo di situazione tecnica che, secondo lui e il suo istinto, gli impedirebbe di recitare da primo attore completamente slegato e libero dal copione necessariamente scritto per il bene del collettivo. Perciò scalpita anche se, da ragazzo educato qual è, preferisce pubblicamente non fare troppo rumore. Il suo disagio è comunque evidente al punto che gli stessi dirigenti hanno la tentazione di cancellarlo dalla ristretta lista degli incedibili.

Perdere Dybala, anche soltanto sotto l’aspetto dello spettacolo, per la Juventus e per il suo popolo sarebbe un guaio. Per lui, però, sarebbe ancora più grave perché nel caso dovesse decidere di arrendersi dimostrerebbe di non essere cresciuto e maturato come uomo in grado di capire che il talento non è sufficiente se non è supportato a un corretto modo di ragionare soprattutto rispetto al futuro. E il futuro di Dybala è, ora, soltanto nelle sue mani. 

E’ vero che l’arrivo di Ronaldo ha sparigliato il gioco che il giocatore argentino aveva in mente di portare avanti per se stesso. Ma Ronaldo ha otto anni più di Dybala, che per un calciatore sono tantissimi, e un vissuto professionale di statura eccezionale. E se il fuoriclasse portoghese rappresenta il presente per una Juventus lanciata verso il traguardo europeo, Dybala potrebbe porsi come il futuro prossimo per altri nuovi esaltanti successi bianconeri. Se soltanto ragionasse su questo e pazientasse frenando il suo istinto, l’argentino arriverebbe a capire che che lui nella Juve avrebbe l’opportunità di ripercorrere la strada del “bianconeri per sempre” come fece Del Piero. A Madrid magari si divertirebbe di più, ma sarebbe uno dei tanti. Dybala è a un bivio. Gli auguro, poiché il ragazzo lo merita, di scegliere la strada giusta. E chi è deputato a consigliarlo dovrebbe fare altrettanto.