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Uno dei più classici “bicchieri mezzi pieni” recita così: “Giochiamo male, ma siamo primi in classifica. Pensa un po’ se giocassimo bene…”. Da otto anni e più, questo è stato il ritornello, cantato, fischiettato, sussurato, alla Juventus. Diciamolo francamente: esiste, in questo lungo periodo di affermazioni, una stagione in cui la Juve abbia non solo contato, ma anche incantato? No. I conti dei punti sono tornati, ma le belle partite si contano, a loro volta, sulle dita di due mani. Poche, rispetto a quelle giocate. 
Tanto è che la maggior parte dei tifosi non ne poteva più di vittorie ottenute con la ragion di stato, con il realismo, ma senza coraggio e senza immaginazione.
 
Sarri non è stato preso per questo? Per dare una svolta? Ora, a campionato inoltrato, il bicchiere “primo in classifica” è sempre più vuoto, mentre si riempie quello del bicchiere “brutto gioco”. Il punto è sempre il solito: cosa può fare un allenatore con un certo organico? Sarri aveva davanti due strade: imboccare quella di Allegri o scegliere la propria. Optare per l’equilibrio o per il rischio. Finora ha scelto una terza strada non proprio chiara. Anzi, oscura ai più. Speriamo che sia chiara almeno a lui. Per cercare di capire lo stato delle cose proviamo a leggere alcuni indizi.

Il primo è che Khedira viene accolto, nientemeno, come un salvatore della patria, come l’elemento che farà volgere al bel tempo, ai risultati e al bel gioco. Il secondo segnale vede in Chiellini il santo padre capace di ricompattare la difesa e ridare vigore psicologico a una compagine un po’ sfilacciata o non ancora amalgamata. Forse i due autorevoli senatori (Chiellini è anche una bandiera) di una certa età e assai acciaccati riusciranno nell’impresa di rendere la squadra meno incerta, ma dubitiamo che le donino la tanto agognata brillantezza. Questa, a girone di ritorno iniziato, è forse la Juventus più amletica degli ultimi otto anni. Prima in classifica, eppure avvolta nella nebbia.
 
O esplode definitivamente Bentancur o conviene riporre i sogni nel cassetto e accontentarsi del vecchio, disprezzato “primo: non prenderle”. Ramsey, Rabiot e Matuidi garantiscono molto poco, sia sul piano dell’efficacia, sia su quello dell’estetica: la nebbia la producono, non la diradano. Pjanic arranca come molto spesso gli capita e non dirada la nebbia.

I tempi per gli esperimenti sono finiti e, soprattutto, il laboratorio non sembra dei migliori. Meglio evitare gli apprendisti stregoni. Sì, con questi chiari di luna, meglio “primo: non prenderle”.