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Sarà che la fine del mondo si avvicina, come ci ricorda Greta Thumberg ogni venerdì. Sarà che non ci sono più le mezze stagioni, le bandiere, il calcio all'italiana e qualsiasi altro luogo comune possa venire in mente in queste situazioni. Saranno, forse, tutte queste possibilità insieme. Quel che è certo però, è che le rivoluzioni che si sono viste sulle panchine europee in questi mesi hanno segnato un passaggio quasi epocale. Se non altro, per tre tecnici in particolare. I primi due, li conosciamo bene, perché sono italianissimi e in Italia stanno facendo le fortune dei rispettivi club. Il terzo, si fa conoscere anch'esso, anche se ha perso un po' dello smalto che lo ha reso così celebre. Ma sveliamo l'arcano, e facciamo nomi e cognomi. Stiamo parlando, infatti, di Maurizio Sarri, Antonio Conte e, in ultimo, José Mourinho. Tre teste pensanti del nostro calcio che, però, si sono ritrovati quest'anno a compiere una scelta quasi drastica per la propria carriera: sedere sulla scottante panchina di un'eterna rivale. 

Analogie, che si ripercorrono se si va oltre la forma. Perché se siamo ormai abituati a vedere i due italiani sulla panchina di Juventus e Inter, ci si abituerà anche a Mourinho in veste Spurs. Quel che li accomuna, però, non è tanto la scelta, quanto la gestione della stessa in sala stampa, il giorno della presentazione. Oggi è toccato a José, che come Sarri e Conte ha deposto l'ascia di guerra degli anni giovanili (cioè, fino ad un anno fa allo United) per mostrarsi al pubblico come una persona posata, dentro i ranghi. Fa già sorridere così, ma se ripensiamo agli istrionici caratteri dei tre, riguardare il loro primo giorno nei nuovi club racconta una cruda verità: l'imbarazzo, la timidezza - che si trasformano in accortezza - colpisce anche loro.

Loro, che abbiamo creduto superuomini immuni dai capricci dei comuni mortali. Lui, Mourinho, che si è detto "umile", non più Special. Lui, che ha sempre fatto discutere, oggi si è messo al servizio della società ("Sono Mister Club") come un semplice magazziniere. Riflessivo e posato, come Sarri che ha rifuggito subito l'etichetta di scelta rivoluzionaria: "Non ci penso e non lo so" disse a chi gli ha chiesto alla presentazione se rappresentasse il cambiamento più drastico della sua carriera. O Conte, che messo di fronte alla doppia sfida contro la Juventus ha scelto la moderazione: "​Saranno due partite importanti, senza dimenticare che ce ne saranno altre 36". Si fa in tempo a cambiare, idea e approccio, ma la propria natura è più difficile da nascondere dietro le formalità. In attesa quindi di veder uscir fuori il vero Sarri, il vero Conte o il vero Mourinho, è giusto sottolineare come il terzetto si sia voluto scollare di dosso ogni pregiudizio, consapevoli di aver preso una scelta divisiva: non avrebbe avuto senso presentarsi da incendiari, con tanto scetticismo intorno. Avranno i loro difetti, ma non si può nascondere che l'intelligenza li accomuna. Ed è ancora un pregio, sia chiaro.