Analogie, che si ripercorrono se si va oltre la forma. Perché se siamo ormai abituati a vedere i due italiani sulla panchina di Juventus e Inter, ci si abituerà anche a Mourinho in veste Spurs. Quel che li accomuna, però, non è tanto la scelta, quanto la gestione della stessa in sala stampa, il giorno della presentazione. Oggi è toccato a José, che come Sarri e Conte ha deposto l'ascia di guerra degli anni giovanili (cioè, fino ad un anno fa allo United) per mostrarsi al pubblico come una persona posata, dentro i ranghi. Fa già sorridere così, ma se ripensiamo agli istrionici caratteri dei tre, riguardare il loro primo giorno nei nuovi club racconta una cruda verità: l'imbarazzo, la timidezza - che si trasformano in accortezza - colpisce anche loro.
Loro, che abbiamo creduto superuomini immuni dai capricci dei comuni mortali. Lui, Mourinho, che si è detto "umile", non più Special. Lui, che ha sempre fatto discutere, oggi si è messo al servizio della società ("Sono Mister Club") come un semplice magazziniere. Riflessivo e posato, come Sarri che ha rifuggito subito l'etichetta di scelta rivoluzionaria: "Non ci penso e non lo so" disse a chi gli ha chiesto alla presentazione se rappresentasse il cambiamento più drastico della sua carriera. O Conte, che messo di fronte alla doppia sfida contro la Juventus ha scelto la moderazione: "Saranno due partite importanti, senza dimenticare che ce ne saranno altre 36". Si fa in tempo a cambiare, idea e approccio, ma la propria natura è più difficile da nascondere dietro le formalità. In attesa quindi di veder uscir fuori il vero Sarri, il vero Conte o il vero Mourinho, è giusto sottolineare come il terzetto si sia voluto scollare di dosso ogni pregiudizio, consapevoli di aver preso una scelta divisiva: non avrebbe avuto senso presentarsi da incendiari, con tanto scetticismo intorno. Avranno i loro difetti, ma non si può nascondere che l'intelligenza li accomuna. Ed è ancora un pregio, sia chiaro.