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Lampi di luce e squarci di azzurro tra le nubi. La Juventus esce dal buio nel quale inspiegabilmente era finita e riprende la risalita verso la cima del monte dove l’aria, più pura, fa bene al fisico e rinfranca la mente. Tra due domeniche sosterrà la prova del nove contro la Roma di Mourinho e se dovesse andare bene allora vorrebbe dire che i bianconeri hanno tutto il diritto di proporsi come validi pretendenti allo scudetto.

Non è stato semplice dare al timone la sterzata decisiva per rimettere la barca in linea con la rotta prevista prima della partenza. Soprattutto si faceva fatica a comprendere che cosa mai fosse accaduto all’interno di un meccanismo che non aveva mai dato eccessivi problemi di affidabilità o di sicurezza perlomeno accettabili. E certamente non bastava tentare di giustificare l’impasse con la partenza di Ronaldo.

La questione, evidentemente, era legata ad un problema di comunicazione tra il tecnico Massimiliano Allegri e i suoi giocatori. La lontananza di due anni aveva lasciato il segno. Il gruppo bianconero aveva ancora nelle orecchie le raccomandazioni urlate anche in maniera isterica da Sarri e in seguito le lezioni sulla liquidità della squadra sussurrate da Pirlo. In ogni caso proprio nulla che avesse a che fare con una sana normalità di rapporti professionali. In buona sostanza Allegri si è trovato a dover fare i conti con giocatori che non parlavano più la medesima lingua e tantomeno la sua. Un “parlato” semplice e pragmatico che non prevede argomentazioni visionarie o svolazzamenti pindarici. Un lessico traducibile e riconducibile a concetti molto pratici come quelli di umiltà, coraggio, concretezza e anche a un pizzico di sano cinismo. Nessuna confusione tra la possibilità di essere belli e la necessità di mettere fieno in cascina concedendo poco allo spettacolo e tutto al risultato finale.

Qualcuno sosteneva che le due stagioni sabbatiche avessero cambiato Allegri ammorbidendolo e imborghesendolo. Niente di più sbagliato. Semmai avevano fatto scordare al gruppo ”l’A B C” del calcio che funziona. Una questione di linguaggio, insomma, che ora in Casa Juventus è tornato finalmente a essere comune.