Caro diario, diamo insieme il bentornato alla Juve. Lo so, sento la tua parte cerebrale dirmi: “Calmo, è solo una partita”. Ma queste pagine si nutrono di sensazioni e per una sera voglio dimenticare l’ultima settimana - facciamo gli ultimi due mesi, dai - e voglio mettere da parte la paura che si tratti solo di un’illusione. Voglio, insomma, lasciarmi attraversare dalla folle speranza che questo atteggiamento lo vedremo per tutto il resto della stagione. Caro diario, so che non vuoi perderti troppo in tecnicismi e tatticismi, ma concedimene qualcuno: quanto è bello vedere una squadra corta e aggressiva, che predica l’arte del recupero immediato del pallone, che accetta il rischio, che duetta nello stretto? Insomma, cosa è successo questa sera? Sembra che i Monstars di Space Jam abbiano restituito il talento ai nostri. O magari, che forse qualcuno abbia capito che il talento che abbiamo a disposizione va sprigionato, non gestito. Troppo tardi? Chissà. Solo un’illusione? Lo vedremo e ne scriveremo sabato sera, dopo Juventus-Fiorentina.
Ma avremo tempo per pensare a quella partita. Stasera mi è sembrato di tornare indietro di dieci anni, a quella Juventus affamata che infiammava lo Stadium. Quella Juventus che sapeva farti credere che tutto fosse possibile. Stasera ho visto due leader totali: uno porta il 10 sulle spalle, ha superato un Re e lo ha evocato come solo i grandi sanno fare, ha dimostrato di essere l’elemento imprescindibile di questa squadra, l’epicentro tecnico. L’altro porta il 22, sembra una slavina, da lui non ti aspetteresti quella lucidità dopo aver travolto tutto, eppure lo è, freddo. E ti lascia la sensazione che è proprio una fortuna averlo con noi e non contro. Serviva davvero toccare il fondo per rendersi conto che la Juventus non può e non deve essere quella vista prima della partita contro lo Zenit? È dunque un po’ come la vita, il calcio, quando nel buio nero si dà fondo a risorse che nemmeno si pensava di possedere, per tornare a vedere un po’ di luce?
Me lo chiedo mentre mi immagino tra tre-quattro mesi poco prima dell’andata di finale degli ottavi di Champions League. Chissà dove ci porterà questo viaggio. Chissà a che punto saremo, allora. Che noi, caro diario, ci saremo, non ci sono dubbi. Lunedì la Juventus ha festeggiato il suo 124° compleanno. Una discreta parte di questi anni l’abbiamo vissuta, io e te. Ogni partita, ogni stagione, è un momento da ricordare. Belli o brutti che siano. È proprio questo che ce la fa amare. È proprio per questo che le chiediamo di essere come stasera: presente a se stessa. Basta poco per trascendere il tempo e queste pagine: un giocatore che si distende sul prato con una posa elegante, uno stadio che grida forte un sogno, una notte di Coppa Campioni. Notte che non finirà mai, una storia che non finirà mai. Nemmeno quando domattina ci sveglieremo: queste pagine resteranno. Questo messaggio resterà: scusa il ritardo, buon compleanno, Juventus.