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In assenza  purtroppo del calcio giocato, e con l’emergenza covid19 che sconvolge  la nostra quotidianeità, ad animare le discussioni pallonare restano le scaramucce dialettiche. Quelle sane, non alimentate dall’odio debordante dei social, ma semplicemente da punti di vista differenti. Tipo quelli che  dividono il sottoscritto da Arturo Diaconale, responsabile della comunicazione SS Lazio, ma che, nella mia testa, resterà sempre l’ottimo collega col quale ho condiviso un paio di decenni al Giornale, scrivendo entrambi di politica. Tutto nasce da un mio recente articolo pubblicato su il BiancoNero, dove ho stigmatizzato la posizione espressa dal presidente laziale Claudio Lotito durante l’ultima assemblea di Lega in merito alla ripresa degli allenamenti in Serie A. Lotito vorrebbe farli ricominciare il più presto possibile, nonostante il virus continui a circolare e ci siano interi club in quarantena. Vedi proprio la Juventus, con la quale si sta contendendo lo scudetto e impossibilitata a rimettersi in pista prima di aprile. Da qui il mio cattivo pensiero: approfittando della situazione contingente, lo scaltro Lotito si porterebbe avanti col lavoro, iniziando a rimettere in forma da subito i propri giocatori e riaverli così, belli tonici, alla ripresa del campionato. Senza aspettare gli altri. Ci può stare, no? Ho quindi parlato di un virus parallelo al covid19, l’egoismo, molto attivo in questo periodo e che non avrebbe risparmiato proprio il presidente della Lazio. Una lettura dei fatti che non ha trovato il gradimento da parte di Diaconale. Reazione più che normale da parte del portavoce ufficiale  della Lazio e di Lotito. Infatti mi sono beccato del “moralista da strapazzo”. Perché – sostiene Diaconale – non esistono “fasulle distinzioni tra virtuosi e peccatori”, anzi, “dietro i presunti virtuosi si nasconde il preciso interesse a bloccare tutto, competizione ed allenamenti, per arrivare ad annullare del tutto il campionato”.
Non solo, il mio moralismo farlocco rischierebbe, secondo Diaconale, di “ingenerare negli italiani il sospetto che la repubblica calcistica italiana sia sempre e comunque retta da una monarchia e la sorte dei campionati subordinata ad essa”.

VINCERE SUL CAMPO - Caro Arturo, la tua fotografia dei “presunti virtuosi” pareggia la mia sui “peccatori” dediti alla strenua difesa del proprio particolare. Punti di vista. A titolo personale aggiungo pure sia sportivamente corretto che Juve e Lazio si contendano questo scudetto fino in fondo, contendendoselo attraverso le 12 partite rimanenti, mentre sarebbe palesemente ingiusto assegnarlo a tavolino, tanto quanto coi play-off, rimettendo così in gara altre squadre abbondantemente distanziate in classifica. Quanto alla monarchia, citata per altro proprio nell’ultima assemblea di Lega dal tuo stesso presidente dal quale dici di non subire “condizionamenti” quando esprimi delle opinioni,  considera questo: come te, io sono un giornalista libero. Non lavoro per la Juventus, ma per un editore indipendente. Non mi ritengo quindi suddito di alcuna monarchia. Difendo la Juve per passione, ma non mi astengo dal criticarla ogni qual volta sia giusto e opportuno farlo, come richiesto dalla nostra professione. Non so se altrettanto possa dirsi di chi, talvolta, si presenta al servizio di palesi (sportivi) totalitarismi.  

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