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A tre anni dal gol più importante della sua carriera, Leonardo Blanchard è tornato a parlare, intervistato da GianlucadiMarzio.com. L'ex difensore del Frosinone, juventino dalla nascita, che il 23 settembre 2015 allo Stadium segnò di testa all'ultimo minuto regalando ai ciociari il primo storico punto in Serie A, si è raccontato a tutto tondo. Ha smesso, momentaneamente, con il calcio, ma quei ricordi sono ancora molto vivi: “Dicono che mi ero montato la testa? Mah, non penso proprio. So solo che due anni fa giocavo a San Siro e oggi piego le camicie nel negozio di famiglia. Da bambino giravo con un secchiello in testa gridando il nome di Schillaci. Ero juventino prima di essere qualsiasi altra cosa. Poi entro in quello stadio e segno una rete storica per la squadra con cui sono diventato grande. Una favola vera. Saltai in controtempo, andando all’indietro. Il mio marchio di fabbrica da sempre. In C lo sapevano, Pogba mi sa di no… Berlino? Solo 100 giorni prima, avevo fatto dieci ore in macchina con i miei amici Walter e Vincenzo per andare a Berlino a tifare Juve nella finale di Champions. Quando entrai allo Stadium, mi sentii per la prima volta un giocatore vero. Chiesi la maglia a Pogba. Temevo non volesse più darmela e invece se la tolse subito, congratulandosi”.

FROSINONE - "Dopo la retrocessione, decisi di lasciare Frosinone. È stato l’errore più grande della mia vita. È un rimpianto che mi accompagna sempre. Quella società, quella città, mi avevano dato tutto. Temevo che il gruppo venisse smantellato e mi accordai col Carpi. Ho giocato sette partite, poi sono stato messo fuori squadra. Ancora non so perché. Mi hanno messo a correre intorno al campo da solo, l’esperienza più brutta della mia vita. Un pallone toccato e avrebbero preso provvedimenti. Da inizio agosto a fine gennaio, così. Il calcio è sempre stato il mio lavoro, mai il mio stile di vita. Quando conoscevo qualche ragazza, dicevo che avevo un negozio d’abbigliamento. Non ho mai voluto essere definito un calciatore. Sognavo di esserlo da bambino, quando mi sbucciavo le ginocchia dietro a un pallone. Da grande, mi sono accorto che era soprattutto una maschera. E da un viaggio ho capito che la mia vita doveva prendere un’altra direzione”.

JUVE - “Spero in una sorpresa. Perché la mia Juve vincerà comunque il campionato e vedere il sorriso di alcuni miei vecchi compagni sarebbe impagabile. Vorrei che segnasse Soddimo. Fu lui a mettermi sulla testa quel cross a Torino, se la meriterebbe una gioia del genere. CR7? Voglio conoscerlo. È il numero uno al mondo. Anche se si veste un po’ da tamarro. Magari posso consigliarlo un po’”.