commenta
Con la penna e con il cuore mi piace affiancare i colleghi Stefano Agresti e Nicola Balice i quali hanno voluto definire il civile gesto dei tifosi juventini, durante il derby, come un possibile primo mattone per la costruzione di un nuovo modo di intendere e di vivere il pallone. Con il medesimo spirito mi dissocio dal gruppo, per fortuna esiguo, di scettici che hanno parlato dell’evento come di un atto formale e persino telecomandato. Il popolo della Curva Scirea, al pari di ciascuna formazione ultras, è composto da persone che ragionano principalmente con la pancia e pertanto niente inclini a manifestazioni che non siano dettate dall’istinto o da strategie mirate ad una certa diplomazia. Ad avvalorare questa tesi, mai ce ne fosse stato bisogno, ha provveduto il cretinetti il quale si è lasciato andare nella squallida sceneggiata dell’aereo in volo e che per questo verrà punito dalla stessa società bianconera. Francamente non so se davvero sia possibile che da un semplice e ancorchè lodevole striscione possa partire la rifondazione rinascimentale del calcio. Per il momento ci si deve limitare alla speranza in attesa di riconferme da parte di altre tifoserie per prendere atto che il messaggio è stato capito e accettato. La strada sarà comunque lunga, ma egualmente andrebbe percorsa fino in fondo.

Il fatto che il primo segnale teso non dico alla pacificazione ma almeno alla normalizzazione e alla civilizzazione di un mondo dove, purtroppo, pare valere la regola della lotta continua sia arrivato da Torino non è casuale. Così come è di ottimo auspicio che l’evento sia stato realizzato in un momento storico e politico di estrema confusione, per non dire peggio, caratterizzato da disgustose e quotidiane gazzarre di chi, governando, avrebbe il dovere dare l’esempio in quanto a pacatezza e senso dello Stato democratico. Un atteggiamento morale che soltanto il nostro presidente Sergio Mattarella dimostra di possedere come linea guida. Il resto della politica, invece, attraverso il comportamento dei suoi principali attori offre puntualmente spettacoli scene degne delle classiche “curve vecchia maniera” e perciò indegne della brava gente. Non solo. Sempre più spesso le dichiarazioni e gli atti degli oratori “da balcone” affacciato sulla piazza sembrano voler  essere un invito a creare ulteriori barriere e a intensificare lo stato di intolleranza e di violenza già arrivato a livelli di guardia. Per questa ragione lo striscione di “Onore ai caduti di Superga” deve essere inteso e interpretato come una sana presa di coscienza popolare che, anche soltanto sul piano subliminale, va oltre il calcio e lo stesso sport.

Dicevo di Torino non per campanilismo (sono nato e ho vissuto in quel luogo, ma preferisco sentirmi cittadino del mondo), ma per valutazione oggettiva e doverosa informazione. Quella che fu capitale d’Italia e battistrada risorgimentale oggi dovrebbe concorrere e vincere la gara per essere dichiarata capitale dello sport nazionale, proprio come Matera per ciò che riguarda la cultura. Una città che viene abbellita dalla presenza della Juventus nuovamente protagonista il prossimo anno sulla scena europea. Ora sta facendo di tutto per raggiungere un simile obbiettivo il Torino al quale si deve augurare di riuscirci per aggiungere gioiello a gioiello. Ciliegina sulla torta le Finals ATP di tennis, che sono già stati acquisite ufficialmente. Un vero peccato che a questo nobile elenco non sia possibile sommare anche le Olimpiadi Invernali “mancate” per motivi di miopia da parte della sindaca Appendino e dalla sua Giunta troppo condizionate da una linea guida politica talvolta discutibile. In ogni caso il “pacchetto” di eventi succitati può essere sufficiente per dichiarare Torino capitale dello sport.

Una “rinascita” meritata anche perché dimostra quanto e come, alla fine, i conti tornino sempre. Una città, quella sabauda, la quale nei settori più diversi ha sempre vissuto il ruolo di apripista. Dal suo essere guida, spirituale e sul campo, per l’Unità d’Italia ad altri primati che l’hanno resa celebre e apprezzata nel mondo del cambiamento. Prima nell’industria grazie alla Fiat che, nel bene e nel male, ha dato un senso di produttività d’eccellenza all’intero Paese. Prima e medaglia d’oro in quella Resistenza partigiana grazie alla quale l’Italia tornò ad essere nazione libera e democratica. Prima nell’industria dei cinema con i suoi Studios e le sue produzioni della Fert. Prima nel settore della moda con il Salone Internazionale del Samia. Prima nella produzione dolciaria con il suo cioccolato. Prima nella lotta alla povertà e alla malattia grazie alle opere del Beato Cottolengo. Prima nel campo dell’ingegneria con il Politecnico. Prima per fermenti culturali assortiti, dalla letteratura all’editoria. Prima nella creazione del Salone Internazionale del Libro che aprirà nuovamente domani al Lingotto. Prima nel battesimo di un bene popolare come la radio e la televisione. Prima, insieme con Ivrea, a intuire il futuro dei computer attraverso il genio di Olivetti. Infine unica sentinella di quella Sindone che rappresenta il simbolo della cristianità. Probabilmente manca ancora qualcosa a questo rosario i cui grani però sono più che sufficienti per garantire a Torino ciò che merita. Molti di questi “beni” le sono stati sottratti o addirittura scippati strada facendo, impoverendola ma non uccidendola. Oggi lo sport e il calcio possono rappresentare l’ariete con il quale sfondare il muro del silenzio. E il primo segnale è arrivato dalla Curva Scirea.