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L’addio polemico di Marchisio alla Juve fa tornare in mente diverse altre storie, per molti versi simili, che hanno avuto come protagonista Allegri. Il quale, tra le sue caratteristiche, sembra avere la predisposizione a far finire le carriere o i cicli di calciatori simbolo.

Al Milan ha chiuso un'avventura dopo l’altra, smontando il gruppo storico che aveva consentito ai rossoneri di vincere tutto. A volte lo ha fatto probabilmente a ragione, mettendo da parte giocatori avanti con gli anni, ma ha indubbiamente sbagliato nel caso di Pirlo, che alla prima stagione milanese di Allegri (2010-2011) è stato relegato in un angolo e in pratica costretto a trovarsi un’altra squadra. Il fatto che quella squadra sia stata la Juve, e che in bianconero Andrea abbia dimostrato di essere ancora un fenomeno, non depone a favore di chi lo ha fatto fuori, benché in quella stagione il campione del mondo avesse avuto problemi fisici.

Un anno più tardi a cadere sono state le teste di Gattuso e soprattutto Inzaghi, che non l’ha perdonata ad Allegri: ricordate la lite nel momento in cui la panchina di Max al Milan vacillava e Pippo allenava la Primavera? E nel 2013 è stata la volta di Ambrosini, al quale in precedenza aveva dato fiducia, affidandogli spesso la guida del centrocampo al netto di qualche infortunio. “Mi ha tagliato Allegri”, ha accusato all’epoca quello che era diventato il capitano del Milan dopo Maldini.

Ora è la volta di Marchisio, l’ennesima bandiera a cadere per mano di Allegri (la storia di Buffon è diversa, perché amministrata direttamente da Agnelli). A Max - oltre ai risultati - va riconosciuto un merito in tutte queste vicende: ha gestito questi spinosi addii sempre con una certa eleganza, senza scendere in scontri pubblici. E magari facendo anche un favore alle sue società, spesso in grande difficoltà quando c’è da chiudere il rapporto con un giocatore simbolo.

@steagresti

Gli addii alla Juventus in estate nella nostra gallery dedicata.