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Anni fa andava di moda lo slogan “Rottamare”. Era riferito alla necessità di novità in politica. Il cambiamento (volti nuovi, riforme ecc.) fu definito rottamazione, attingendo con un paragone un po’ crudo, al mondo degli sfasciacarrozze. Alle prese con qualche problema (l’età dei calciatori, il bilancio, il “fallimento” di Sarri, il monte ingaggi, il Covid, l’uscita inopinata dalla Champions con relativo buco economico…) la Juve comincia proprio da qui: dalla rottamazione. Non vende i giocatori, li regala. Con buona pace di chi la riteneva imbottita di campioni, quindi di giocatori appetibili, scopre che questi campioni o li concede in dono oppure è costretta a tenerseli in casa.

LIBERARSENE - Matuidi e Khedira, infatti non hanno mercato, ma per potere risparmiare sul loro stipendio, e “liberarsene” si lasciano andar via come fossero parametri zero. Solo così possono trovare squadre dove giocare. Certo, questo è stato il frutto di rinnovi, per usare un eufemismo, non proprio oculati. Resta il fatto che si comincia così, dalle cose più semplici, per iniziare a far cassa. L’ardita e affascinante scommessa di Pirlo rientra nel piano di spendere, per un allenatore di una grande squadra, “il minimo sindacale”.

RINNOVO - La Juventus attuale avrebbe bisogno di fare quello che già Allegri (con ritardo) propose un anno fa: il rinnovo di oltre mezza squadra. L’equivoco, invece, s’è trascinato per troppo tempo e ha prodotto, se non danni irrimediabili, patenti difficoltà. La Juventus non era e non è quella compagine di campioni che si voleva far credere o in cui si credeva. Terzini inaffidabili, a corrente alternata, giocatori friabili (Costa, Khedira), al tramonto (Matuidi, Higuain), a mezzo servizio (Pjanic), o in crisi d’identità ormai da tempo (Bernardeschi) per non parlare degli innesti dell’anno scorso ovvero Ramsey e Rabiot. Il primo non pervenuto (anche se è il centrocampista, si fa per dire, che ha segnato di più) il secondo in quella che si può definire, al massimo, in “fase di crescita” dopo un anno. E’ stata risolta la questione Pjanic, presumiamo in modo egregio: destinato ad essere l’anima del centrocampo, il giocatore bosniaco si è rivelato piuttosto un’ “animula vagula, blandula”, labile e intermittente, che non ha molto da garantire al futuro bianconero.

ACQUISTI - Se Arthur è il metronomo di cui si parla, la soluzione potrebbe essere a portata di mano. Kulusevski, ottimo acquisto, va pagato, ma la cifra non è irrisoria e, inoltre, ci vuole un nuovo centravanti. Gli altri giocatori non sono facilissimi da vendere: quando le altre squadre subodorano lo stato di necessità, quello in cui si trova la Juve oggi, alzano o abbassano il prezzo. Così sembra che i cambiamenti non possano essere troppi. E’ probabile che la difesa sia destinata a restare la stessa (Luca Pellegrini non pare una rivoluzione) con l’aggiunta d’un ritrovato - si spera - Demiral. Altra speranza la conferma, non un’eterna fase di crescita, di Rabiot. Se Ramsey resta un mistero e la punta centrale un’incognita, le difficoltà di bilancio sono, per ora, una certezza.