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Se entriamo negli episodi della clamorosa polemica scatenata da Juve-Fiorentina, Commisso tutti i torti non li ha: il secondo rigore per i bianconeri non è inventato ma non è certo chiaro (sarebbe stato meglio non concederlo, insomma); la reazione di Nedved è stata quanto meno inopportuna (fare la morale agli altri è esercizio estremamente complicato e pericoloso, perché devi essere senza macchia, e quindi in questo caso non essere stato protagonista di proteste eclatanti in passato). Guardando però alle dimensioni delle accuse indirizzate dal presidente viola ai bianconeri e agli arbitri - decisamente esagerate - si ha la sensazione di essere davanti a una grande operazione di marketing.

Commisso è un sostenitore della Juve da sempre. Fino a poco fa esultava ai successi dei bianconeri, magari li difendeva confrontandosi negli Stati Uniti con gli avversari rivendicando l’equità dei loro trionfi. Acquistando la Fiorentina, ha compiuto un salto della barricata assolutamente legittimo per un imprenditore, certo contraddittorio per un tifoso. A Firenze avrebbero potuto guardarlo con sospetto, la città è profondamente avversa ai bianconeri, anche sospettosa.

Commisso ha cominciato a conquistare la Fiorentina trattenendo Chiesa in estate. Una scelta magari sbagliata dal punto di vista finanziario, come gli ha fatto notare chi gli sta attorno, ma indispensabile per prendersi la fiducia dei tifosi e dimostrare la propria forza. Quanto accaduto in questi giorni, però, è andato perfino oltre e ha rappresentato un’operazione di marketing straordinaria: da tifoso juventino Commisso si è trasformato nell’emblema dell’antijuventinità. In fondo è bastato un rigore, forse ininfluente, per permettergli di diventare il portabandiera viola. Una mossa strategica perfetta.

@steagresti