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Davanti a certe vicende non c'è rivalità con la Juventus che tenga. Questo il racconto di Adriano Galliani, ex storica figura del Milan, al Corriere della Sera sulla sua recente esperienza col coronavirus: "L'incubo Covid è durato da domenica 7 marzo fino al 17. I dieci giorni più lunghi della mia vita. È vero, è stato un incubo. Non vedevo nulla, avevo davanti a me solo un muro. Il reparto di terapia intensiva non ha finestre. All’interno ci sono solo letti. Pensi che non c’è nemmeno il bagno. Le dico con molta franchezza che ho temuto di morire. Insomma, non è stata una passeggiata di salute. Aggiunga un altro elemento: soffro di claustrofobia. L’ascensore mi dà ansia. Pensi allora cosa possa essere per un claustrofobico non vedere la luce per dieci giorni? Detto questo, mi faccia ringraziare i meravigliosi infermieri, medici. Al San Raffaele ho trovato una umanità pazzesca. Il 17 marzo sono risultato negativo. Sospiro di sollievo. Trasferimento immediato in reparto. Le confesso una cosa. Per il calcio e per il mio lavoro ho girato il mondo e ho avuto la migliore sorte di andare negli alberghi lusso. Eppure una volta entrato in un reparto normale mi sono subito detto: 'Non c’è Four Season che tenga. Questo è il posto più bello della mia vita'. Questa esperienza ha cambiato la mia psiche. La salute è l’unica cosa che conta nella vita. Ci vorrà un mese circa per riprendersi definitivamente. Ho perso 10 kg perché in quei maledetti giorni non riuscivo a mangiare nemmeno una polpetta!"

IL RAPPORTO CON BERLUSCONI... E CASINI - "Silvio Berlusconi e la mia famiglia. Berlusconi mi scriveva continuamente, mi mostrava il suo affetto, era preoccupato per me. Vedevo le sue chiamate anche quando non potevo rispondere per la stanchezza. Mi scriveva amore, amore, amore. La mia storia con Berlusconi nasce il 1 novembre del 1979 quando sono stato invitato a casa del presidente. Lo posso dire una cosa: ho vissuto tre delle quattro vite di Silvio Berlusconi. Non sono stato al suo fianco solo nella vita da costruttore. Poi ci sono sempre stato. Quando ha deciso di primeggiare nel settore della televisione ero con lui. E poi ancora nel mondo del calcio. Un giorno, era ancora al Monza, e mi dice così: 'Vogliamo portare il Milan in cima al mondo?'. In tre anni abbiamo vinto la Coppa Intercontinentale. Per non parlare della politica. Nell’autunno del 1993 decide di scendere in campo per salvare il Paese dalla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Il 28 marzo del 1994 è a Palazzo Chigi. E io sono sempre lì. Con Pierferdinando Casini, che ha avuto come me il Covid, abbiamo preso un impegno ufficiale: ci recheremo al Santuario della Madonna di San Luca. Andremo lì a pregare".