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L'economista Carlo Cottarelli, tifoso interista ("lo diventai per caso: a 9 anni tifavo Cremonese ma mi ero stufato; così quando qualcuno mi chiese per chi tifassi risposi Inter, andò bene e da quell'anno cominciammo a vincere") ha spiegato alcune sue idee calcistiche a Tuttosport: "Sono felicissimo per lo scudetto dell'Inter. Ormai si sapeva che si sarebbe laureata campione d'Italia, non è stata tanto una vittoria da nerazzurri. Con 4 giornate d'anticipo sembra più da Juventus. Noi di solito ci arriviamo a 10 minuti dalla fine del campionato! Al termine del girone d'andata vinto dal Milan non ce lo saremmo mai aspettato: quel crollo invernale che di solito colpisce noi, stavolta è toccato a loro. Gli uomini copertina? Conte, Lukaku e Barella".

L'AZIONARIATO POPOLARE - "Il progetto di legge per promuoverlo nello sport italiano? Poteva essere più ambizioso. In Germania i club sono associazioni di tifosi: questa sarebbe stata la vera rivoluzione! Tutte queste iniziative comunque attirano l'attenzione sul sogno romantico dei tifosi al centro delle squadre di calcio. Nel Bayern Monaco Adidas, Audi e Allianz rappresentano il 25% del totale, anche per un azionariato popolare è utile avere una base del genere. Il restante 75% però è determinato da 170mila tifosi, che di fatto hanno il controllo del Bayern".

L'INTER - "Zhang sa che noi con Interspac ci siamo. Il problema più recente dell’Inter, mi pare di capire, sia di liquidità. Il nostro è un progetto a medio termine, non è che renderebbe subito disponibili centinaia di milioni. Andiamo avanti per la nostra strada, a settembre organizzeremo un evento per pubblicizzare questa idea: non è solo una questione di Inter, è la promozione dell’azionariato popolare e diffuso che vale per tutte le squadre. Comunque il nostro progetto era di rafforzare il capitale dell’Inter, non di entrare come soci di maggioranza. Il nostro obiettivo è la creazione di un legame identitario tra il tifoso e la società. Così si crea un senso d’appartenenza maggiore e sono più semplici anche le attività commerciali. Si va allo stadio con la famiglia, si comprano i prodotti della società: una base più solida dell’investitore straniero che viene qualche anno e poi se ne va. È il sentirsi propria la squadra per cui fai il tifo. La nostra azione è stata vista da molti come una cordata di vip, ma non è così. Sono 16 interisti che hanno creato questa s.r.l. con mille euro a testa. Poi ci sarebbe chi potrebbe metterci altre risorse, oltre alla faccia, dato che dal punto di vista operativo non siamo partiti, con la volontà chiara di lanciare l’idea che porta per l’appunto all’azionariato popolare".

TIFOSI PRESIDENTI? - "Certo, del resto Rummenigge è il Presidente del Bayern. L’importante è l'essere tifoso. Zhang stesso mi sembra stia diventando sempre più interista. L’abbiamo visto sul tetto della squadra a festeggiare ed è positivo. Non faccio una distinzione tra proprietà nazionale o straniera. Quello che vedo nel calcio moderno, e faccio un discorso generale, è che spesso le proprietà puntino alle opportunità di business. Io vedo l'Inter come un grande di club che non mira alla massimizzazione del profitto nel breve periodo. Una coniugazione di risultati e di sogni dei tifosi".

FALLIMENTO DELLA SUPERLEGA - "Un insieme di circostanze. Si finiva per stravolgere il calcio come l’abbiamo conosciuto, per una decisione presa di notte, pensando che piacesse ai tifosi, che al contrario non hanno apprezzato. Significa che dal punto di vista del business non è una grande idea. C’è stata una reazione ad un comportamento che non è piaciuto. Quelli che vogliono fare la SuperLega sono spinti dalla volontà di fare soldi. Come se io lanciassi un nuovo prodotto e tutti mi dicessero di preferire quello precedente. Hanno fatto un passo indietro per questo, non per un errore filosofico: anche a livello economico sarebbe stato un fallimento. Non leggo nella loro mente, ma per fortuna è stato fatto un passo indietro. Per ora...".