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“Vi prego, registrate tutto quello che sto dicendo, io lì non torno più, ma chiamate la procura, fate qualcosa, quel posto deve chiudere!”. A TPI, parla un'infermiera del Convitto Principessa Felicita di Savoia di Torino: è la RSA più prestigiosa di tutta la città. Si trova in una collina di Val Salice, è ovviamente privata e accreditata ASL. L'infermiera, nel racconto di Selvaggia Lucarelli, è affetta da Coronavirus. E racconta: "E’ il primo giorno che riesco al alzarmi, sono devastata da due settimane di febbre e tosse, non so quanto ancora riuscirò a parlare. Registrate tutte le mie parole, tanto io lì non andrò mai più, tornerò nel mio paese. Non importa quello che accadrà a me, a chi lavora lì, troveremo un altro lavoro e Dio ci proteggerà spero, ma quel posto deve chiudere. Lì dentro non c’è più niente da fare”.

NEMMENO IL DISINFETTANTE - "Io litigavo perché non avevamo neppure il disinfettante per le mani, dicevo “vergogna”, non lavavano i corridoi, i vetri, non sanificavano le stanze, i termometri con cui ci misuravano la febbre non funzionavano. Poi urlavano sempre, ci spaventavano, noi eravamo senza le protezioni per lavorare, una collega ha fatto delle visiere di plastica a mano. Sono iniziati decessi strani al primo piano e non si faceva niente, ho parlato con un parente che mi diceva “Io sono tranquillo, mia madre è al primo piano, mi hanno detto che lì va tutto bene” e io volevo dire “certo che può stare tranquillo, quelli del primo piano sono morti quasi tutti. Non ci dicevano niente di chi faceva i tamponi, noi abbiamo visto che a Pasqua dei medici cominciavano con le terapie per il Covid ad alcuni pazienti, ma non capivamo niente. Io voglio parlare col signor G., voglio il suo numero per chiamarlo anche se sono stanca, non deve fare il funerale a suo papà senza fargli fare un tampone anche da morto, io gli voglio dire tutto quello che ho visto, deve sapere. Io mi sono preoccupata di imboccare i nonnini, di vedere se aprivano la bocca, ci hanno fatti ammalare tutti, a noi e ai nonnini”.

LA MALATTIA - “Io sono devastata, ho al febbre da due settimane a casa da sola, quando ho sentito che al Convitto avevano iniziato a fare i tamponi al personale ho chiamato 20 volte lì per chiedere di mandare qualcuno a farmelo ma niente. La terapia che sto seguendo mi ha fatto venire una forte tachicardia, pensavo di morire a casa, ora prendo la Tachipirina, la mia dottoressa mi ha inserita nella lista della Asl ma nessuno è mai venuto a casa. Io voglio sopravvivere per tornare per sempre nel mio paese, ma prima voglio parlare perché lì sono dei bugiardi, hanno nascosto tutto. Quel cimitero di convitto deve chiudere. Vi prego, denunciate tutto, fate qualcosa per quei nonnini”.