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Le grandi epidemie che si sono ciclicamente abbattute sul mondo hanno spiegazioni rigorosamente scientifiche. Eppure, volendo osservare oltre il confine della medicina e senza tuttavia cedere al fascino della metafisica o della religione, viene quasi spontaneo pensare che dietro ogni tragedia per l’umanità vi sia un “disegno” impossibile da spiegare con il semplice uso della ragione.

La peste nera di manzoniana memoria colpi duramente una società la cui serenità quotidiana era seriamente compromessa da tensioni altissime tra la “plebaglia” sempre più affamata e una nobiltà priva di scrupoli persino rispetto alla decadente borghesia. A questo si affiancava un disfacimento etico e morale delle istituzioni, partendo dalla Chiesa per arrivare ai palazzi del Potere. La terribile “spagnola” che fece 50 milioni di morti invase un mondo devastato da quella Prima guerra mondiale che viene ricordata come il conflitto più feroce e più sanguinario dell’epoca moderna. Insomma, quando le cose andavano malissimo, per via di un libero arbitrio umano fuori controllo, accadeva che a questo si aggiungesse il peggio.

L’epidemia, pressoché globale, di coronavirus non sembra essere troppo differente da quelle che l’hanno preceduta, fortunatamente non per pericolosità ma certamente per la sua valenza di “segnale” inviato alla razza umana in un momento nevralgico per la salvaguardia della sua salute mentale e della sua etica. Sul fatto che siamo in guerra non vi dovrebbero essere dubbi. Ciascun conflitto ha le sue vittime e a pagare il prezzo maggiore sono sempre i più deboli. Ciò non esclude che però, proprio nel corso della massima emergenza, anche i più forti decidano di fare un passo indietro attivando cervello e buon senso prima di agire per tornare a fare in modo che si possa dare il giusto valore ad ogni cosa.

Un esame di maturità che, necessariamente, dovranno sostenere tutti responsabili dei settori vitali per quella che dovrà poi essere una nuova esistenza non più scandita dal metronomo dell’interesse e del profitto ad ogni costo, dall’intolleranza, dal non rispetto, da muri eretti, dalla violenza gratuita, da modelli di cartapesta, dalla futilità eretta a totem. Anche il mondo del calcio fa parte di questo meccanismo tutto da rivedere. Nel nostro Paese specialmente dove senza il gioco del pallone sembra sia impossibile vivere. Il caos che si è scatenato successivamente alle indicazioni date dai responsabili sanitari perla tutela dei cittadini dimostra come e in quale misura chi è deputato alla salvaguardia del gioco più bello del mondo abbia, via via, cancellato proprio il senso fondante del fenomeno pallone ovvero il gioco. Di coronavirus si può morire. Per un calendario sportivo rivisto o cancellato, fossero anche le Olimpiadi o l’Europeo, no. Basta farsene una ragione.