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Non definiamola più “coppetta”. Sedici milioni di telespettatori spalmati sulle due serate rappresentano una cifra tutt’altro che simbolica e danno l’esatta idea sulla voglia di pallone che la gente aveva. Ma non è questo a rendere finalmente importante la Coppa Italia che, negli ultimi anni, era sempre stata vista come un trofeo minore.

IMPEGNO - Se vogliamo non è stato neppure lo spettacolo agonistico offerto dalle quattro semifinaliste in campo, rispettivamente a Torino e a Napoli, ad aver sdoganato la valenza dell’evento riportandolo al posto che merita. Si arriverà alla finale di mercoledì prossimo, a Roma, reduci da due pareggi e da altrettanti gol segnati con il sovraprezzo di un rigore sbagliato da chi mai ti aspetteresti. I giocatori di Juventus, Milan, Napoli e Inter ce l’hanno messa tutta, certamente, ma gli effetti della lunga e inattesa sosta obbligata si sono fatti notare con relativa frammentarietà dello spettacolo.

LE PARTITELLE - Neppure il clima da teatro senza pubblico ha aiutato l’evento, il quale, in quanto a spettacolarità, per certi versi e a tratti, pareva più una partitella amichevole di metà settimana piuttosto che un confronto da dentro o fuori e quindi di assoluto appeal emotivo. Del resto è ciò al quale dovremo fare l’abitudine ancora per un poco di tempo. Il gioco del calcio praticato a distanza da pubblico e tifosi è come un film di Sergio Leone senza l’accompagnamento della colonna sonora composta dal maestro Morricone. Manca qualcosa. Manca tanto.

QUEI 2' ETERNI - Eppure, malgrado tutte queste carenze imposte dalla crisi sanitaria, la Coppa Italia di quest’anno verrà ricordata come uno step calcistico praticamente unico per attrattiva emotiva e per comportamento esemplare dei suoi protagonisti. Il tutto racchiuso in quei due minuti di silenzio che, osservati dalla televisione, sono sembrati eterni e hanno colpito dritto al cuore gli spettatori. Il momento della riflessione e del ricordo e anche del ringraziamento. Mai silenzio è stato così spaziale e non per l’assenza del pubblico. Giocatori, allenatori e arbitri sembravano in apnea schierati intorno in circolo ai tre operatori sanitari a rappresentanza degli eroi che hanno lottato e sono morti per combattere il virus.

EMOZIONI - Il viso di tutti mostrava la reale partecipazione al dolore di una nazione e del mondo intero. Occhi perlopiù serrati e labbra che si schiudevano per recitare una preghiera. Le lacrime di Gattuso che pensava alla sorella Francesca. Antonio Conte per una volta umanamente rilassato e commosso.  Sarri senza tra le labbra il bocchino alla nicotina. Pioli bianco più dei suoi capelli. E poi quell’applauso finale decisamente più lungo e più intenso del dovuto per protocollo. Due minuti che nessuno dimenticherà mai e che regalano al calcio una Coppa piena di orgoglio.