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Arrabbiato, arrabbiatissimo. Antonio Conte era su tutte le furie ieri sera dopo il pareggio tra Roma e Inter. Non tanto per la partita, quanto per il calendario. L'allenatore nerazzurro ha parlato di anomalie e non se ne capacitava del motivo. "Calendario folle" l'ha definito. Se la prende con chi l'ha fatto e intanto rimane a -5 dalla Juve. La "sua" Juve. Quella che ha vissuto prima da giocatore e poi da allenatore, minimo comun denominatore: gli scudetti. Sudati, conquistati e festeggiati (ricordate il 5 maggio?).

MAI STATO JUVENTINO - 12 anni in campo con la maglia bianconera e altri tre in panchina. I primi in giacca e cravatta in un top club. Capitano prima, simbolo della Juve post-Calciopoli poi. Oggi è dall'altra parte, allenatore di una delle rivali più grandi del club bianconero. E nello sfogo di ieri sera si è lasciato andare anche una frase che rievoca vecchie discussioni: "Qua se deve volare uno schiaffo lo prende sempre l’Inter, era così in passato e lo è ancora adesso". Sì, l'ha detto. Lui, juventino. Ma quanto? Forse non lo è mai stato davvero. E oggi l'allenatore 'si toglie la maschera' ed esce fuori la sua vera natura.

SENZA LEGAMI - Antonio Conte non è legato a nessuna squadra. Né al Lecce dove è nato e cresciuto - calcisticamente e non - né alla Juve, dove è diventato grande prima da giocatore e poi da allenatore. E non lo rimarrà neanche all'Inter, quando un giorno andrà via. E' fatto così: legato a se stesso e alla voglia di vincere. Lamentandosi. Lo faceva quando era alla Juve e in molti storcevano il naso, dalla dirigenza ai tifosi. Lo fa all'Inter e lo sfogo di ieri ne è stato l'ennesimo esempio. Agnelli aveva anche pensato di riportarlo a Torino, poi sono state fatte altre scelte. Oggi lo ritrova da avversario, e forse è meglio così.