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Gli ultimi spiccioli del campionato vengono spesi quasi con distratta indifferenza dal popolo bianconero. Del resto si attende il giorno della festa e basta per mettere la parola fine all’ennesimo kolossal realizzato dalla Juventus e per pensare alla prossima produzione. Questa volta, però, i titoli di coda sono accompagnati da una colonna sonora tipo quelle dei Goblins per i film di Dario Argento. Una musica che mette ansia. Tutto si sistemerà e si normalizzerà, secondo quanto dicono i bene informati, nei primi giorni della settimana. Forse addirittura martedì. Dovrebbe, infatti, essere quello il giorno in cui Andrea Agnelli incontrerà Max Allegri. Un’attesa che viene vissuta con grande ansia dai tifosi bianconeri e con molta curiosità dagli appassionati in generale perché, trattandosi di Juventus, ogni evento è destinato a fare rumore oltreché a provocare conseguenti effetti domino.

Al momento ci si trova ancora a fare i conti con le cose non dette e con quelle semplicemente immaginate. Sicché la prudenza deve essere almeno pari all’incertezza. Ciò che è filtrato, nei giorni precedenti, da sotto la porta della stanza dei bottoni conta meno di zero. I “desiderata” di Paratici e di Nedved, la cui voce ha comunque una valenza importante, potrebbero tranquillamente sciogliersi come neve al sole. A pelle, francamente, trovo molto più plausibile e vicino alla realtà la voglia espressa da Allegri di ricevere quella conferma di ruolo peraltro garantita ancora una stagione da un contratto firmato e controfirmato. Una soluzione che verrebbe digerita a fatica da coloro i quali ritengono il tecnico livornese inadatto per continuare a scrivere una storia che, sarebbe bene ciascuno lo ricordasse, ha comunque fruttato alla Juventus cinque scudetti in fila. Mica noccioline. Contrariamente e se dal vertice della società dovesse arrivare un annuncio di cambio della panchina vorrebbe dire che il presidente Agnelli si è lasciato sedurre dalla suggestione del salto nel vuoto senza paracadute. Volendo analizzare la questione seriamente e senza fantasticare troppo: Guardiola economicamente pretende la luna, Klopp si è dichiarato blindato, Mourinho si porta in petto un cuore interista, Zidane sta bene a Madrid, Deschamps sa di “ribollita”, Pochettino non possiede il pedigree adeguato, Inzaghi e Gasperini sono eccellenti tecnici ma privi di quel carisma internazionale che la presenza in squadra di Ronaldo richiede anche soltanto per una questione di immagine. Detto ciò ne rimarrebbe uno solo e cioè il personaggio che la parte più calda del pubblico bianconero vorrebbe. Parliamo, naturalmente, di Antonio Conte.

È vero che, oggi più che mai, può accadere di tutto e il contrario di quel tutto. Ma, pur non avendo doti di preveggenza, mi sento di escludere in maniera pressoché totale il ritorno dell’allenatore leccese alla Juventus. Questo non perché la sua abilità professionale possa o debba essere messa in discussione. Neppure perché sia lui ad avere delle perplessità al riguardo. Essendo però lo stesso Conte un uomo intelligente che, tra l’altro, conosce molto bene la filosofia e perché no anche una certa permalosità della dinastia Agnelli sarà arrivato da solo alla conclusione che il sogno di rientrare dalla porta da cui era uscito rimarrà tale. Andrea Agnelli, erede di seconda generazione, pur nel suo lavoro di ampliamento e di crescita dell’impero bianconero non ha mai disatteso quelle che sono state da sempre le regole, aziendali e etiche, scritte sulle sacre tavole della dynasty, dal bisnonno in giù. Una in particolare: chi si dissocia e si chiama fuori non verrà mai più reintegrato. Tant’è, quel giorno di luglio di cinque anni fa in cui Conte diede le dimissioni lasciando la Juventus a lavori in corso appena cominciati segnò l’iscrizione del suo nome sul libro nero del presidente. E, giusto o sbagliato che sia da quella “scomunica” Conte non potrà liberarsi. E poi dovessi sbagliarmi sono pronto a fare ammenda. Ai lettori, naturalmente.