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Antonio Conte è un allenatore tutt'altro che impreparato. Ha dimostrato di saper fare bene ovunque sia andato, sapendo anche andare oltre l'effettiva qualità della sua rosa. Tuttavia ha anche palesato una certa tendenza a cozzare con le società per cui lavora. Motivo principale? Le periodiche lamentele sul mercato. Tutti ci ricordiamo la metafora del ristorante da 100 euro con 10 euro nel portafoglio. Poi alla Juventus arrivò un grande "aziendalista" come Allegri e le porte del ristorante si aprirono. Pure al Chelsea, dove Abramovich non fu certo tirchio nel soddisfare le esigenze del tecnico leccese, dopo l'iniziale idillio è finita male (addirittura in tribunale). Il presente si chiama Inter, e il deja-vu è dietro l'angolo.

DI NUOVO - Già in autunno erano arrivate le prime "richieste pubbliche di aiuto" al club nerazzurro. Uno sfogo seguito al pareggio di San Siro contro il Parma: "Schiero sempre quelli, non possiamo permetterci di essere qui solo per partecipare", disse, con una posizione di classifica ben migliore di quella attuale e un'Inter che non aveva lesinato un pingue mercato l'estate scorsa. Furono i primi segnali di uno scricchiolio che rischia di deflagrare in questa coda di campionato post-Covid. La dirigenza nerazzurra, Marotta in testa, non pare apprezzare al 100% l'operato del mister, piombato nello stesso 4° posto di Spalletti, e soprattutto in scarsa sintonia con la squadra, o almeno parte di essa. Del resto, quando in un complesso gruppo di lavoro non ci si assume le proprie responsabilità, certe frizioni sono dietro l'angolo. Ma ora la domanda è: abbandonerà la barca o sarà la barca ad abbandonare lui?