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Un'epidemia? No, non esageriamo. Piuttosto, una sindrome influenzale: classica, un po’ fastidiosa, però, tutto sommato, guaribile. Ma sempre sindrome è. Si chiama Ronaldite. Il Ronaldo attuale è come l’influenza che dovrebbe passare stando a letto sotto le coperte, facendo attenzione affinché la febbre alta non si prolunghi troppo. Tutto qui. Altre cure non ce ne sono. Però se il Ronaldo attuale è come l’influenza, facciamolo giocare quando è passata, altrimenti, secondo una formula rodata, la Juve gioca in 10.

L’altra sera, ha avuto la fortuna di affrontare un Atletico anch’esso in 10 perché, tra i madrileni, giocava Vitolo; anzi, alla fine, ha giocato in 11 perché, tra i bianconeri, c’era Dybala. Senza arrivare alle esagerazioni dialettiche di Capello (“Ronaldo non salta più l’uomo da 3 anni”) ci domandiamo: vale la pena insistere su un giocatore o non sostituirlo quando è (non indaghiamo sulle ragioni) in palese condizioni di difficoltà? Ginocchio sì, ginocchio no, da circa un mese CR7 non c’è. Ci sarà stato contro la Lituania, che se la può battere col  Pordenone, ma in A e in Champions non c’è.

Qualcuno accenna a un modulo cui sarebbe poco avvezzo, alla mancanza di spazi. Ora è vero: spesso (non sempre) Sarri preferisce il fraseggio rapido e breve, tende più a divorare piuttosto che a creare gli spazi, ma l’altra sera Ronaldo, con la prateria aperta, si faceva rimontare, sbatteva contro l’avversario di turno oppure arrivava stremato al tiro. Dalla sua parte, le azioni sono state una manciata; a destra, con Dybala, ma anche con Bernardeschi (un buon ingresso) non si contavano. Se c’era un giocatore da sostituire era proprio lui, non certo Dybala.

Contratto a parte, di cui non conosciamo i dettagli, nella serata Champions, comunque, un passo avanti è stato fatto: non ha tirato le punizioni come aveva fatto, fino ad ora, con risultati non proprio entusiasmanti.

Morale: Ronaldo è finito? Va estromesso? No, per carità, ma non va (contratto a parte, ripetiamo) mitizzato, né dall’allenatore, né dalla società. I tifosi hanno tutto il diritto di farlo, la sua carriera è esemplare, il suo impegno (anche con l’Atletico indietreggiava a dar manforte) encomiabile. Solo che nessuno è indispensabile e tutti sono utili. E un Ronaldo a mezzo servizio o ancor meno, è davvero poco utile.

Quando si diventa un grande marchio (oggi si preferisce “brand”) per un po’ si può vivere di rendita. Ma fino a un certo punto. Prima o poi, se avviene, il calo della qualità si riconosce. E allora anche il “brand” conviene farlo riposare. Con vantaggio per tutti: per il marchio e anche per chi lo “possiede”.