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Se ne torna a parlare, anche troppo e a sproposito. Vuoi anche per il caso City che in questo periodo sta animando il dibattito internazionale, ma che c’entra poco con la Calciopoli italiana. Quella appunto evocata ultimamente con una certa frequenza dai soliti battitori liberi della stampa italiana, qualche ex arbitro, ma non solo. Ne ha riparlato di recente pure uno dei principali attori di quella del 2006, Massimo Moratti, intervistato proprio a proposito del caso Manchester, e l’ex patron dell’Inter è non c’è andato morbido: “Quella del 2006 è stata un’altra cosa. Dovemmo fronteggiare una Juventus che si comportava come si comportava e lottare contro un muro che sembrava incrollabile. Poi però riuscimmo a sfondarlo e trovare soddisfazione”.

In effetti, i casi City e Juve non sono paragonabili: in Inghilterra si parla di sponsorizzazioni fittizie per aggirare il fairplay finanziario Uefa, da noi di campionati pilotati. Ad incolpare i citizens sono le carte scovate da Football Leaks, per condannare la Juventus vennero utilizzate invece le intercettazioni telefoniche, raccolte prima dalla Magistratura ordinaria e poi utilizzate dalla procura federale. L’accusa di fondo fu: la dirigenza bianconera esercitava un tale potere condizionante sugli arbitraggi da assicurarsi in automatico gli scudetti.  Di fatto, non venne trovata una sola telefonata di Moggi o Giraudo con gli arbitri, tanto meno prove di una  sola partita truccata. 

“Un po’ folle ed insolito, strano  da molti punti di vista”  il sintetico commento dell’ex capitano bianconero Alessandro  Del Piero, invitato pure lui di recente a esprimersi  sulle analogie tra caso City e Juve, e  quindi sulla Calciopoli che investì lui e il suo club. Del Piero ha ragione a stupirsi ancora, anche a 14 anni di distanza. Qualcosa di anomalo accadde quell’estate, e l’anomalia si perpetrò pure negli anni a venire, col processo ordinario e i successivi ricorsi. Le telefonate maggiormente compromettenti coi designatori  (autorizzate dal sistema di allora, è sempre bene ricordarlo) le fecero altri club, e non la Juve. È  tutto documentato. La Juventus venne però  spedita lo stesso in Serie B e qualcun’ altro , che chiedeva esplicitamente di poter vincere una partita e di pilotare il sorteggio arbitrale, ricevette in dono uno scudetto. Tutto documentato pure questo, attraverso  tabulati di telefonate parecchio espliciti.

A corredo, esistono inoltre la relazione dell’ex procuratore federale Palazzi del 2014, che addebitava proprio a Moratti e al suo vice Facchetti accuse pesantissime di illeciti, oltre ad una sentenza abbastanza recente emessa dalla Corte d’Appello con la quale si dichiara testualmente che a fare lobby con gli arbitri era stato proprio Facchetti. 

Eppure le uniche sentenze, le uniche telefonate continuamente ricordate sono quelle riguardanti la Juve, la quale, ogni volta che ha provato a trovare giustizia presentando ricorso, si è sentita rispondere dall’ordine giudicante in quetione di non essere competente in materia. Tutto sempre più “folle e insolito”. Nonostante la prima Calciopoli sia zeppa di ombre e buchi neri, c’è chi in queste ultime settimane spinge perché se ne possa aprire un’altra, sobillando continuamente l’opinione pubblica con accuse pesanti e dirette nei confronti di un sistema arbitrale – a loro dire – poco trasparente e autoritario. E il “sentimento popolare” dal vago sapore giacobino,  monta sempre di più, proprio come avvenne in quei primi anni 2000,  nella speranza che sfoci in un finale analogo. È una tattica.
Sarebbe però altrettanto interessante indagare  se esista qualcuno che a sua volta sobilla i così insistenti sobillatori. Nell’epoca del sospetto, non sarebbe poi così “folle e insolito”.