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Di Presidenti del Consiglio, o semplici ministri tifosi, ne ho visti tanti, non ne ricordo però, negli anni, uno di loro arrivare a prendersi a male parole con un calciatore. Perlomeno non com’è capitato stavolta tra Ronaldo e Spadafora, in questo caso meno ministro dello sport e più ministro del bar sport. Qui non si tratta di parteggiare per l’uno o per l’altro, di schierarsi con chi ci sta più simpatico, è una semplice questione di ruoli: chi riveste un incarico istituzionale dovrebbe, a mio parere, tenere un altro tipo di comportamento. Da rappresentante del Governo e non, appunto, da tifoso al bar. Anche Ronaldo avrebbe potuto evitare lo scontro, ma sentirsi dare del fuorilegge da un ministro della Repubblica penso gli abbia dato non poco fastidio.

Non è nemmeno casuale che l’alterco si sia verificato proprio questa settimana, dopo il verdetto del giudice sportivo su Juve-Napoli e le polemiche successive, per il semplice motivo che il ministro possiede un cuore azzurro pure lui e, come tanti altri tifosi partenopei, non ha gradito la decisione di Mastrandrea, a maggior ragione dopo avergli pure suggerito di usare saggezza prima di formularla. Probabilmente il giudice federale non ne ha utilizzata a sufficienza e la cosa ha dato fastidio a Spadafora, come traspariva già dal suo intervento in Senato – precedente allo scontro con CR7 – quando aveva pubblicamente richiamato le squadre a rispettare i protocolli anti Covid, “se qualcuno non li rispetta accadono poi casi che leggiamo sulle cronache dei giornali”. Il riferimento non era rivolto ai giocatori del Napoli non entrati in bolla dopo la positività di Zielinski, ma a quelli della Juventus usciti senza autorizzazione dalla bolla durante lo stop per le nazionali. “E la rottura dell’isolamento lo ha segnalato alla Procura la stessa società” ha rimarcato il ministro, riferendosi proprio alla Juve.

Dopodiché l’attacco frontale a CR7: “Ha violato il protocollo” e, come tale, la legge. Ma non è stato l’unico, perché ad uscire dal JHotel e a raggiungere i ritiri delle rispettive nazionali lo hanno fatto pure altri 5 compagni. Più Buffon, recatosi invece a casa. Il ministro ha preferito colpire il bersaglio grosso. E la risposta dell’interessato non si è fatta attendere: “Un signore in Italia dice che non ho seguito il protocollo, ma non è vero”. E lì Spadafora non c’ha visto più, dando a Ronaldo dell’arrogante, dell’irrispettoso verso le istituzioni e persino del bugiardo. Accusa, quest’ultima, molto grave. Anche perché sulla supposta “fuga” di CR7 e compagni sta indagando la Procura di Torino e prima di lanciare accuse indiscriminate bisognerebbe attendere l’esito di queste indagini, a maggior ragione da parte di un rappresentante dello Stato. 

Il ministro dovrebbe inoltre sapere che il protocollo, concordato tra Comitato Tecnico Scientifico, Federazione e Lega Calcio, impone ai club di comunicare alle Asl territoriali le variazioni di domicilio da parte dei propri tesserati durante il periodo di isolamento, ed è ciò che la Juventus ha fatto. Dopodiché, secondo prassi, la Asl ha girato a sua volta le comunicazioni alla Procura. Non una vera e propria denuncia, ma una segnalazione. Nota a margine: stiamo parlando di lavoratori che si sono spostati per raggiungere i ritiri delle proprie nazionali, non per andarsene chissà dove in vacanza all’insaputa del proprio club. Già solo questo dovrebbe assolverli da qualsiasi accusa e rintuzzare le polemiche. I reati veri sono altri e n’è tristemente piena la cronaca quotidiana. In questo caso l’eventuale punizione non sarebbe la galera, ma una multa. 

Siccome ci sono però di mezzo dei giocatori della Juventus, tutto viene amplificato. Prese di posizioni estreme andrebbero almeno evitate, però, da un ministro della Repubblica, troppo spesso contro il calcio e chi lo pratica, soprattutto ai massimi livelli, quasi ne provasse invidia. Solo un’impressione, per carità, ma la replica a Ronaldo la rafforza.