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Uno scudetto da assegnare per forza. Non si sa ancora come, ma pare non se ne possa fare a meno. Nonostante il Coronavirus e gli oltre 8.000 morti, per i signori del calcio italiano la priorità è trovare un vincitore del campionato di Serie A. Non farlo sarebbe una resa inaccettabile: parole e musica del maestro Gravina, presidente della Federazione.  

Sono consapevole che per chi vive e lavora di calcio tutto l’anno il problema sia evitare il tracollo dell’intero sistema, trovando un modo per ridurre le inevitabili perdite causa Covid19, perdere però il sonno e scervellarsi in continue conference-call su come attribuire in questa stagione il titolo di campione d’Italia mi pare un esercizio poco edificante, per non dire irrispettoso dello stesso popolo italiano, impegnato come mai, da dopo il secondo conflitto mondiale, in una battaglia per la sopravvivenza e che, francamente, se ne frega del pallone e di come possa andare a finire il campionato. 

La logica, quella che qualcuno si ostina a non volere usare, dice che, di fronte ad uno scenario complesso e tragico come quello attuale, il campionato 2019/20 andrebbe annullato. Causa forza maggiore. Anche perché – a meno di una svolta repentina della situazione sanitaria (da tutti ovviamente auspicata) non si può nemmeno pensare di poter disputare le restanti 12 giornate (più una, quella dei recuperi) a luglio ed agosto, andando così a complicare pure la stagione prossima ventura. Un paciocco da evitare. Lo devono capire la Lega e la FIGC, se ne deve convincere pure la Uefa, pure lei ansiosa di tributare le coppe europee. Assurdità sommata ad altra assurdità.

E poi resta l’incubo: quello di dover assegnare comunque lo scudetto nel caso non si potessero disputare le partite. Ed è il finale che, più di ogni altro, inquieta i sovranisti del calcio italiano, oltre a tutti quei tifosi per i quali il gioco del pallone è l’unica ragione di vita. Un verdetto matematico: dare lo scudetto alla squadra col maggior numero di punti al momento dello stop forzato del campionato. Ovvero, alla Juventus. Perché quello recita la classifica della Serie A. 

Il classico “scudetto a tavolino”. Tipo quello accettato, nel 2006, dall’Inter pur classificandosi 3° in classifica, a 15 punti dalla Juventus e 12 dal Milan, arrivata 2°. Un tricolore sbandierato come quello dell’onestà, e quindi “il più bello di tutti” (Moratti dixit) salvo scoprire in seguito, grazie alla relazione Palazzi del 2012, che pure il club nerazzurro non era esente da illeciti, forse addirittura peggiori di quelli imputati a Moggi e Giraudo, e scontati poi dalla Juve.

Stavolta non ci sono di mezzo inchieste, intercettazioni, processi, ma una classifica che – dopo 26 partite giocate – recita quanto segue: Juventus prima con 63 punti, Lazio 2° con 62, Inter terza con 54 (e una gara in meno, 57 se la vincesse) e Atalanta quarta con 48. Se Gravina non riesce a darsi pace sul come assegnare questo scudetto, una soluzione a portata di mano ce l’ha. Ma sappiamo già non la utilizzerà mai, onde evitare rivolte popolari anche in caso di coprifuoco causa Covid19. Non solo, ma vi immaginate cosa scatenerebbe Lotito, quello convinto che il virus “stà a’ arretrà!”?
Tranquilli. La Juventus né richiederà il rispetto della classifica, nemmeno accetterà mai uno scudetto a tavolino. Non lo vorrebbero nemmeno i suoi tifosi. 

Però un dubbio resta: se, al momento dello stop del campionato, in testa alla classifica ci fosse stata la Lazio, siamo sicuri che nessuno da Roma avrebbe fatto pressioni affinché lo scudetto venisse forzatamente assegnato?