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Stavolta la giustizia ordinaria è stata ancora più veloce di quella sportiva. Così come probabilmente qualche manina federale è stata altrettanto tempestiva nel consegnarne copia (parte o tutta, non si è capito) a Gazzetta per disinnescarne il contenuto: Juve mai nominata e assenza di notitia criminis. Come a voler far sapere che i legali bianconeri si erano intestarditi sul nulla. Se così fosse, perché allora in Federazione si sono affrettati a ricorrere al Consiglio di Stato per stopparne la consegna alle difese? La successione degli eventi è stata così veloce da non poter non destare qualche fondato sospetto. 
Tutto è cominciato nella tarda mattinata di sabato, quando il CdS - con una rapidità non consueta per un tribunale statale - ha comunicato alla FIGC l’esito del suo ricorso, presentato solo venerdì: respinto. Com’era giusto che fosse. A ribadire quanto già stabilito dal Tar del Lazio sulla tanto contesa carta della discordia della Covisoc: va consegnata ai legali di controparte, a tutela delle “esigenze difensive dei ricorrenti” e a garanzia di trasparenza. Concetti che in Federazione sembrava facessero fatica a recepire, abituati come sono a gestire privatisticamente le proprie dispute e a mal sopportare tentativi di scavallamento.
Dopo neanche un paio d’ore dalla notizia del ricorso respinto, il documento della discordia diventa improvvisamente di dominio pubblico perché pubblicato appunto sul sito ufficiale di Gazzetta. Da dove si è appreso il contenuto. In sintesi, nulla di che. Juve mai nominata, vengono riportati i casi di Chievo, Cesena, Perugia, Atalanta, il procuratore Chinè che pone una questione di metodo nell’individuazione del dolo sulle valutazione dei giocatori e che si dice pronto a proseguire l’attività di indagine “ove emergano elementi necessari a corroborarne la necessità”. Stop. Apparentemente nulla di interessante nonché di utile ai fini della difesa. Sempre ammesso che in quel documento non ci sia dell’altro. 
Perché in tutta questa vicenda ciò che stupisce è la pervicacia con la quale è stata richiesta da una parte e occultata dall’altra una carta così povera di contenuti. Le parti si sarebbero scannate per niente? Delle due l’una: o il pool dei legali Juve ha preso una topica colossale, o su questa carta la Federazione ci ha giocato come il gatto col topo. Oppure, terza ipotesi, alla rosea è stata passata solo la velina di ciò che si volesse far uscire. Ovvero, la pagina delle conclusioni del procuratore Chiné. Magari sarebbe opportuno andare a leggere con attenzione il testo integrale prima di derubricarla a cartaccia utile per il riciclo. Essersi spesi da entrambe le parti per dei ricorsi sul nulla non avrebbe infatti alcun senso. 
Soprattutto è ancora più difficile da capire la pervicacia della Federazione a non voler mostrare quella nota, eppoi addirittura a rivolgersi al Consiglio di Stato per bloccarne la consegna, quando sarebbe bastato trasmetterlo subito alla controparte se davvero era privo di qualsiasi possibile appiglio a vantaggio delle difese. Tutto molto strano. Tanto quanto il passaggio di materiale riservato ai giornali prima ancora che ne entrassero in possesso i legali. In Italia funziona così.