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Novecentotrentuno. Sono i milioni di passività accumulati negli anni da una importante società di calcio di Serie A. Solo nell’ultimo biennio, le perdite sono state pari a 430 milioni di dollari, e l’anno scorso il club è stato punito con una multa di 4,3 milioni di euro dalla UEFA  per aver violato i controlli fiscali, con la minaccia di riceverne un’altra da 26 milioni se non metterà in ordine le proprie finanze. Nel frattempo dovrà iniziare a rimborsare ad un fondo statunitense i milioni ricevuti in prestito, che ammontano a trecentosettantacinque.

Chi sarà mai? Sorpresa: non è la Juventus. Nonostante il club bianconero non stia di certo attraversando un momento finanziario florido: il rosso in bilancio ammonta quest’anno a -120 milioni di euro, con una previsione di -225 per la stagione prossima, soprattutto se la Uefa la estrometterà dalla partecipazione alle coppe e, quindi, dagli incassi agganciati a quella voce. 

Ma quando Madama sta male in Italia spuntano da tutte le parti contabili e revisori dei conti che le fanno le pulci, e il suo stato di malessere diventa immediatamente un caso nazionale. Se poi si azzarda pure lei ad utilizzare la cosiddetta “finanza creativa” per risistemare i conti, immediatamente concentra su di sé l'interesse di Consob (essendo una SpA) Covisoc e Procure varie pronte a farle pelo e contropelo. Com’è normale e giusto che sia se si commettono scorrettezze, ma lo stesso trattamento dovrebbe valere per tutti e non sempre è così. 

Così come sul piano mediatico. Di recente l’amministratore delegato del Sassuolo, Giovanni Carnevali, lo ha sintetizzato bene: “I vertici di RCS mi dicevano che hanno venduto più copie nei giorni dell’inchiesta Prisma sulla Juventus che in quelli in cui c’erano dei grandi eventi sportivi”. In effetti, da gennaio fino al recente patteggiamento di maggio con la FIGC, su gran parte dei quotidiani non è quasi mai mancata una pagina di aggiornamento su intercettazioni e ipotesi di penalizzazioni. Il titolo più gettonato è quasi sempre: “Cosa rischia la Juve?”

Un interesse morboso che su altre società non c’è. Tipo appunto quella con 931 milioni di passivo, e con un presidente ritenuto dal tribunale di Hong Kong responsabile di 225 milioni di debiti nei confronti di alcuni istituti di credito cinesi, arrivati a chiedere l’annullamento di un verbale del cda che stabiliva non ricevesse compensi per il suo incarico, così da poterne pignorare lo stipendio.

Di tutto questo, come della difficile sostenibilità del debito sottoscritto coi fondi e quindi la necessità (finora sempre negata) di dover ricorrere ad una vendita del club – per la quale sarebbe già stato affidato un mandato alla banca d’investimento Raine – si è interessato niente meno che l’autorevole New York Times, con un’approfondita inchiesta su conti e reale stato di salute del club. Che risulterebbe pessimo. Al punto da non riuscire nemmeno più a pagare lo studio di progettisti e architetti che stanno lavorando al progetto del nuovo stadio. Una situazione che di certo non sarà nemmeno la raggiunta finale di Champions a migliorare, perché la stretta finanziaria arriverà comunque. Eppure, nonostante tutto questo – scrive il quotidiano newyorkese – “in nessun momento i dirigenti hanno fatto accenno alle ristrettezze economiche, ma sempre parlato di un fascino mai offuscato del club ”. 

Come confermato proprio dal suo presidente in un’intervista fattagli da un importante testata sportiva nazionale, dove si parla di innovazione, sostenibilità e razionalità e tutto il resto viene appena sfiorato. Il prestito da rimborsare al fondo? “Vogliamo rinegoziarlo, troveremo una soluzione”. La possibile vendita a “fantomatici” acquirenti? “Siamo un grande club, accostarsi a noi regala visibilità. I rumors basta ignorarli”. Quindi, tutto bene? “Finché ci sarò io la società resterà stabile e competitiva”.

In Italia sei un club in crisi e con un futuro incerto solo se ti chiami Juventus, con l’Inter (ecco il nome) funziona diversamente. La contabilità da mettere sotto la lente degli azzeccagarbugli, della Finanza e delle Procure non è mica quella del biscione cinese, la sfruguglino pure gli americani se interessa così tanto. Questa è la stampa (italiana), bellezza!