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Il verdetto è arrivato, ed è pesantissimo. Processo plusvalenze riaperto e Juventus massacrata. Più di tutti, come nel 2006. Il procuratore federale chiedeva 9 punti di penalizzazione da scontare a campionato in corso, la Corte Federale li ha portati addirittura a 15. Accompagnandola con una raffica di squalifiche per dirigenti ancora operativi, come Cherubini (1 anno e 4 mesi ) o appena dimessi, come Agnelli (2 anni), Arrivabene (2 anni) e Nedved (8 mesi).

Peggio di così non poteva cominciare per il nuovo “Cda da battaglia” del club bianconero, composto dai migliori professionisti del ramo legale e finanziario.  Il primo scontro giudiziario, quello con la procura federale, è già andato perso, ed era quello che maggiormente interessava ai tifosi perché avrebbe potuto colpire pesantemente la squadra, come infatti è avvenuto.

Il procuratore federale aveva chiesto una pena afflittiva per la Juventus, che la retrocedesse in classifica “dietro la Roma, fuori dalle zone Europee”. La Corte ha fatto di più: dal terzo al 10° posto in un colpo solo, annullando così la faticosa rimonta effettuata dalla squadra di Allegri negli ultimi mesi.  

E non ancora finita qui  perché Chinè ha anche in mano un fascicolo sulla discussa manovra stipendi, e adesso dovrà decidere se aprire anche questo o archiviarlo, e dovrà farlo in tempi brevi perché tra poche settimane scadono i termini per un possibile e nuovo deferimento della Juve. Magari i 15 punti di penalizzazione ottenuti, insieme a tutte le squalifiche, lo appagheranno e mollerà il colpo, sebbene dopo questa prima mazzata sarebbe consigliabile la cautela. Perché questa è davvero una nuova Calciopoli dai risvolti imprevedibili.

Ciò che però in questo momento innervosisce di più il tifoso juventino è la disparità di trattamento: 15 punti di penalità più squalifiche per la Juventus, solo ammende per tutte gli altri club coinvolti. Come se le plusvalenze fittizie le facesse solo Madama e le altre non ne beneficiassero sui propri bilanci. Tra l’altro, facendole proprio con la Juve. Viene meno la logica. Le motivazioni della sentenza andranno quindi lette con grande attenzione, in modo da capire perché la Corte Federale ha stabilito che esista un unico colpevole .

Scontato ora il ricorso alla Corte Arbitrale del Coni, la quale  potrà solo confermare la sentenza o annullarla. Magari si andrà pure al TAR. Il Cda da battaglia sparerà tutte le sue cartucce, com’è giusto che sia. Perché se nel 2006 il processo durò una settimana, in questo caso non lo si è nemmeno celebrato. Si è deciso tutto in una stanza, con metodi da tribunale degli ayatollah.

Però, cari gobbi, non vi sfugga un particolare: il procuratore federale Chinè si è trovato tra le mani  - attraverso l’inchiesta Prisma - del materiale inedito e insperato, che gli ha facilitato il lavoro. Delle intercettazioni dalle quali emergerebbe come venivano effettivamente gonfiate ad arte le valutazioni di certi giocatori e poi scambiati.

È vero che questi magheggi li fanno tutti, ma finora nessuna Procura aveva indagato così a fondo da poter accertare il dolo, come invece ha potuto fare quella torinese. Che ha girato poi tutto alla FIGC, la quale a sua volta ha riaperto un‘inchiesta già chiusa e mazzolato per le feste Madama. La pistola fumante l’hanno servita su un piatto alla giustizia sportiva gli stessi dirigenti juventini, ignari di essere controllati.

Del resto, il primo a non controllarli è stato il loro stesso presidente, che li ha forse addirittura incoraggiati, ritenendo probabilmente con eccessiva sicurezza che nessuno sarebbe mai potuto venire a capo di quegli artifici contabili. Calciopoli e il caso Suarez purtroppo non hanno insegnato nulla, e pure stavolta il conto gli è stato recapitato a casa. Salatissimo. 

Non sarà nemmeno possibile pagarlo alla romana, perché hanno trovato il fesso che pagherà per tutti.  Perché il fesso se l’è anche andata a cercare.