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Tranquilli, non mi ci attacco. L’arbitraggio non vuole essere assolutamente un alibi per giustificare una giusta, per giunta l’ennesima, eliminazione dalla Champions della Juventus, figlia di una catena di errori e gap tecnici già abbondantemente elencati in altri miei articoli ed espressi in qualche video, però non si possono nemmeno chiudere gli occhi e far finta che le decisioni prese martedì scorso da Kuipers e i suoi assistenti (Var compreso) non abbiano in qualche modo pesato sul risultato finale della gara col Porto. Anzi, visto che ci sono, ci aggiungo pure quella di Del Cerro Grande di non assegnare nel finale della gara d’andata un rigore grande come una casa ai bianconeri, penalty  che forse – e sottolineo forse – avrebbe scritto un altro canovaccio per la partita di ritorno. 

QUANTO PERDE LA JUVE - Episodi che magari non avrebbero modificato granché il destino  in questa Champions della Juve di Pirlo, squadra obiettivamente inferiore rispetto ad altre partecipanti, però magari le avrebbero permesso di proseguire il cammino e, soprattutto,  di dare ossigeno al bilancio particolarmente sotto stress in questo periodo causa Covid. Non passare col Porto è significato, in soldoni, perdere qualcosa come 10 milioni, ai quali sommare quelli derivanti dal market-pool delle possibili eliminazioni di altri club italiani. In questo periodo storico sarebbe stato, come si dice, tutto grasso che cola.

EFFETTO SUPERLEGA - In sintesi: Juve con tutti i suoi difetti, però massicciamente penalizzata dalle direzioni di gara, sia nella gara d’andata che in quella di ritorno coi lusitani. Prima un rigore a dir poco generoso fischiatole contro (se non si può nemmeno più andare a contrastare un avversario in area, aboliamo i difensori dal gioco del calcio!)  poi un altro solare non datole a favore, come all’andata (Marchesin entra a piedi uniti con una tale velocità su Ronaldo da portare via lui  e pallone insieme). Totale: 3 episodi in 2 partite, e tutti a sfavore. Una riflessione è inevitabile.
E la prima cosa che viene in mente sono le dichiarazioni pronunciate da Andrea Agnelli alla vigilia della gara di ritorno col Porto sulla Superlega, e sulla necessità di modificare il format obsoleto della Champions
. Un progetto sul quale il presidente juventino sta insistendo da tempo e che all’interno dell’ECA, presieduta sempre da lui, trova l’appoggio di alcuni grandi club, ma non di tutti. L’idea è soprattutto  invisa ai vertici della UEFA, leggi Ceferin, orientata a varare per il 2024 una formula con ancora più partecipanti e partite, che però non è la Superlega ma un’altra roba. 

LE ACCUSE - Da qui lo scontro, alimentato di recente pure da qualche media. Il Guardian non le ha di certo mandate a dire ad Agnelli, accusandolo platealmente di spingere l’acceleratore su un’ “idea cattiva” come appunto la SuperLeague solo per permettere al proprio club “di non perdere così tanto” in quella competizione, mentre la sua Juve “è un pasticcio disfunzionale e gonfio”. 
Accuse pesantissime, probabilmente suggerite da terzi, con effetti trasversali pure sul campo. Ovvero: insisti con la SuperLega? E allora la paghi.  Brutto da dirsi, perché assomiglierebbe tanto ad un ricatto, però dopo quanto verificatosi a Oporto prima e a Torino poi il sospetto sorge naturale. Troppe decisioni arbitrali prese in un’unica direzione, quasi tutte parecchio discutibili e che hanno pesato mica poco sui risultati finali dei due match. Troppa dietrologia? Lo ripeto, questa Juve in Champions di strada ne avrebbe fatta poca, però così tanti episodi a sfavore nelle gare contro il Porto danno da pensare. E sono pensieri “cattivi”.