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La diatriba tra Juventus e UEFA sembra sempre più simile ad uno di quei film di Coppola e Scorsese, dove c’è uno più cattivo degli altri che ricatta o minaccia qualcun altro, e lo fa spesso per interposta persona. Il presidente Ceferin non rilascia dichiarazioni su quali siano le sue reali intenzioni nei confronti della Juve, fa filtrare messaggi attraverso propri fedelissimi oppure usa gli organi di stampa. E il nodo del contendere è sempre lo stesso: la SuperLega. C’è pure in ballo l’accordo sul settlement agreement, probabilmente concordato su dichiarazioni contabili false, ma viene dopo e – forse – se ne può ancora discutere, soprattutto se con la FIGC si chiude la vicenda Prisma con un patteggiamento. Ma ciò che più preme all’avvocato sloveno è che la Juve abbandoni il progetto della coppa alternativa alla Champions, e lo faccia il prima possibile.
Spesso Evelina Christillin, membro del board di Nyon, ha fatto intendere cosa potrebbe capitare alla Juve se non dovesse abiurare in via definita alla SL (“e passi in avanti in questo senso non ne sono stati fatti” ha precisato): squadra fuori dalle Coppe. “Scenario possibile” ha confermato più volte l’Evelina. Per quante stagioni non lo si è ancora capito - un paio, ma anche 4 o 5 -, dipende dalla disponibilità della Juventus a piegarsi alle richieste di Ceferin. Una sorta di ricatto.
Finora quel passo indietro la Juve non lo ha voluto fare, in attesa di ciò che tra breve deciderà la Corte Europea, chiamata ad esprimersi proprio sull’eventualità di una posizione eccessivamente dominante della UEFA sul mercato europeo del pallone. Lo scorso dicembre l’avvocato generale della Ue, Athanasios Rantos, nel proprio parere non vincolante ha ritenuto il modello UEFA legittimo, ma ha altrettanto scritto che debba garantire a terzi l’accesso al mercato. In sintesi: i club possono anche istituire un loro torneo indipendente ma non potrebbero più partecipare alle competizioni di FIFA e UEFA se non attraverso previa autorizzazione (che non avranno mai). Un parere che, purtroppo, in tanti hanno riportato solo nella prima parte, sorvolando o minimizzando sulla seconda, evidentemente condizionati dalla reazione positiva di Nyon che ha letto nelle conclusioni di Rantos un’”opinione inequivocabile per il mantenimento dell’attuale struttura di governance”.
Così “inequivocabile” però questo parere non deve essere, altrimenti John Elkann avrebbe autorizzato i legali di Juventus ad abbandonare il progetto SuperLega barattandolo con un atto di clemenza da parte della Uefa sulla vicenda Prisma. Questo appeasement non c’è stato, da qui l’irritazione e conseguente minaccia di Ceferin di usare la mano pesante nei confronti della Juventus, estromettendola dalle competizioni continentali per più anni. E la cosa peggiore è non solo il non averlo detto esplicitamente (finora si era limitato a parlare di “gravi conseguenze”), ma facendo recapitare il messaggio via stampa. Metodi del tutto inaccettabili. Soprattutto in attesa della sentenza definitiva da parte della Corte di Giustizia. 
Fino ad allora Elkann resterà sulle posizioni del cugino Andrea, che tutta questa tempesta aveva scatenato provocando l’ira funesta del presidente UEFA. Il quale esige invece dalla Juventus una risposta nel breve, ma non fa altrettanto con Barcellona (coinvolto, tra l’altro, nello scandalo Negreira) e Real Madrid, convinto che i bianconeri - vessati pure sul fronte interno dalla FIGC – rappresentino attualmente l’anello debole del trio. 
Ma se alla Continassa sembrano sempre più propensi al patteggiamento con la procura federale per chiudere in via definitiva la vicenda Prisma, essendosi convinti che con questa assolutistica giustizia sportiva non ci sia scampo (Zaccone l’aveva capito già nel 2006, ma tutti gli diedero addosso), altrettanto non sono disposti a fare con il satrapo di Nyon. Vogliono prima ascoltare cosa decide la Corte Suprema in Lussemburgo, dopodiché valutare il da farsi. Strategia ad alto rischio, certo, ma potrebbe esserlo pure per un Ceferin troppo sicuro di sè.